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Brexit, la petizione per il secondo referendum è “gonfiata”: migliaia di voti da hacker e bot

Oltre 3 milioni di firme, un numero enorme se si pensa che per raggiungerlo ci sono voluti solo pochi giorni. Sono le sottoscrizioni alla maxipetizione proposta prima del voto di sabato scorso per la Brexit, il cui successo sembrerebbe essere opera di hacker e bot.
A cura di Marco Paretti
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Oltre 3 milioni di firme, un numero enorme se si pensa che per raggiungerlo ci sono voluti solo pochi giorni. Sono le sottoscrizioni alla maxipetizione proposta prima del voto di sabato scorso che ha portato alla vittoria del "Leave" e alla possibile uscita del Regno Unito dall'Ue, il cui obiettivo è proprio quello di modificare il criterio con cui si decreta il risultato di un voto così importante. Apparsa sul sito ufficiale del governo dedicato proprio alle petizioni, la proposta ha immediatamente superato il numero minimo necessario perché la questione venga discussa nel Parlamento inglese, fissato a 100.000 firme. Il problema è che, nonostante non esistano ulteriori step, la petizione ha continuato a registrare firme "sospette", che ora si sono rivelate essere opera di hacker e bot.

La petizione, è bene sottolinearlo, non è una bufala: il portale del governo è reale, così come lo sono le 100.000 firme necessarie per la discussione, ma, attraverso l'utilizzo di un software pubblicato sul noto portale 4Chan, alcuni hacker sono riusciti a firmare la richiesta migliaia di volte, facendo partire sottoscrizioni da luoghi improbabili come la Corea del Nord e la Città del Vaticano, dalla quale sono arrivate 50.000 firme a fronte di circa 900 abitanti. Il sistema utilizzato dagli hacker e basato sul software Mooter ha consentito ai responsabili di firmare la proposta da luoghi inabitati come le isole del South Georgia o le isole Sandwich, arrivando ad inviare fino a 100.000 sottoscrizioni al secondo."Sono stato io" ha scritto uno degli utenti anonimi del portale 4Chan. "Ho inviato 33.000 firme mentre mi facevo una doccia".

Così, in pochi giorni, la petizione ha raggiunto la vertiginosa cifra di 3 milioni di firme. Vanno però precisati due elementi: il primo è che la proposta non chiede un secondo referendum, ma solo l'imposizione di un quorum del 75 percento e del raggiungimento di almeno il 60 percento per considerare valido un risultato. Il secondo è che le firme "legali" dovrebbero comunque essere superiori alle 300.000 e quindi, al netto dell'improbabile predisposizione di un secondo referendum, la discussione arriverà comunque in Parlamento. Il problema è che l'obiettivo minimo della petizione pubblicata lo scorso 25 maggio è stato raggiunto dopo il referendum per l'uscita dall'Ue ed è quindi totalmente estraneo alla Brexit, a differenza di quanto sostenuto da molti.

A niente sono valse, quindi, le innumerevoli sottoscrizioni effettuate attraverso i bot del programma pubblicato su 4Chan, veicolate dalle isole Bahamas, Taiwan, Sierra Leone e persino Corea del Nord, dalla quale figura anche la firma di Kim Il-Sung. Non che queste firme servissero davvero a qualcosa: per poter considerare valide le sottoscrizioni inviate sul sito del governo inglese, queste devono appartenere a residenti del Regno Unito. In questo caso la colpa è anche (e soprattutto) dell'organizzazione del portale governativo, che non ha previsto un sistema di controllo adatto a gestire una situazione di questo tipo, consentendo a chiunque di firmare una petizione nonostante il requisito di cittadinanza. Insomma, alla fine gran parte delle firme della petizione – che, è bene sottolinearlo, non è una bufala ma è stata solo contestualizzata male – non sono altro che una gigantesca goliardata. Che forse fa più danni ai cittadini che al governo.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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