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Così una programmatrice ha usato l’intelligenza artificiale per parlare al suo amico morto

Quando il migliore amico di Eugenia Kuyda è morto, lei ha deciso di trasferire tutti i suoi messaggi in un’intelligenza artificiale. Resuscitandolo digitalmente e consentendo a tutti di continuare a parlarci.
A cura di Marco Paretti
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Le nostre esistenze digitali sono ormai composte quasi esclusivamente da testi: SMS, messaggi istantanei, post sui social network, email, etc. Anche quando non ci saremo più, tutto ciò che abbiamo scritto resterà marchiato in maniera indelebile sulla nostra identità online, come una sorta di flusso di coscienza in grado, di fatto, di ricostruire la nostra retorica. E di mantenerci vivi, almeno per i nostri amici e parenti. Nasce da questo concetto l'idea di Eugenia Kuyda, CEO e co-fondatrice della start-up russa Luka, per ricostruire la coscienza del suo migliore amico Roman Mazurenko, morto in un incidente, attraverso un'intelligenza artificiale. Lo riporta The Verge in un lungo approfondimento.

Come in una puntata della serie TV Black Mirror, dove una donna torna a comunicare con il proprio fidanzato morto in un incidente attraverso la ricostruzione della sua coscienza digitale: l'applicazione di Kuyda ricorda in maniera estremamente simile l'approccio della protagonista dell'episodio e si basa su tutte le comunicazioni lasciate da Roman nel corso degli anni. Dagli SMS ai post sui social network, la programmatrice è riuscita ad integrare questi testi all'interno della sua applicazione, Luka, che già forniva la possibilità di chiedere informazioni a dei bot, ottenendo risposte in maniera discorsiva.

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In seguito alla morte di Roman, avvenuta in un incidente stradale nel 2015, la Kuyda ha dato in pasto all'intelligenza artificiale della sua applicazione tutti i messaggi ricevuti dall'amico, ricostruendo in questo modo una sorta di identità digitale in grado di interagire in forma scritta con la stessa personalità che caratterizzava il ragazzo. "Dopo la sua morte non sapevo come reagire, così ho provato a nascondere il dolore per non provare nulla. Sei mesi dopo non era ancora andato via" ha spiegato la programmatrice. "Ho messo insieme tutti i testi che ci siamo inviati e tutte le fotografie che mi ha mandato, per poi creare l'intelligenza artificiale Roman. Potete scrivergli chiedendogli della sua vita o semplicemente chattare con lui, vi risponderà come avrebbe fatto Roman".

Nei mesi successivi alla sua pubblicazione, Kuyda ha continuato a migliorare l'IA dell'amico aggiungendo sempre più testi e immagini e contribuendo a realizzare una sorta di memoriale digitale interattivo. Imperfetto sotto certi aspetti, ma incredibilmente lucido sotto altri. Tanto che parenti e amici si sono divisi sull'etica di una soluzione di questo tipo: la madre di Roman pensa sia interessante continuare ad imparare cose che non sapeva del figlio, mentre il padre crede sia difficile da digerire, soprattutto quando le sue risposte sono chiaramente spagliate. Per Kuyda, invece, poter continuare a parlare con il suo migliore amico può aiutarla a superare la perdita.

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"I messaggi inviati all'intelligenza artificiale riguardavano l'amore o qualcosa che gli amici non sono mai riusciti a dirgli quando era in vita" ha continuato la programmatrice. "Anche se non è una persona vera, ora hanno comunque la possibilità di dirgli qualcosa". Un approccio che potrebbe essere applicato a tutti, proprio in virtù della grande impronta digitale che ci lasciamo dietro sotto forma di testi: cosa succederebbe se trasformassimo tutti questi contenuti in avatar digitali in grado di mantenerci in vita anche dopo la morte? Si creerebbe una sorta di postumanesimo, solo che al posto di trasferire la nostra coscienza in una macchina, continueremmo a vivere "simulati" da un'intelligenza artificiale. Insomma, noi saremmo morti, ma i nostri amici e parenti potrebbero continuare a parlarci.

È su questo che la start-up di Kuyda si sta concentrando in questo momento, puntando a sviluppare una sorta di assistente personale con il quale organizzare la propria vita e tenere una sorta di diario quotidiano. Con l'obiettivo di semplificare la vita e, soprattutto, raccogliere quanti più dati possibili su di noi per poi fornire una nostra versione digitale in seguito alla nostra morte. Un approccio che negli ultimi anni è diventato sempre più rilevante e che in futuro lo sarà sicuramente ancora di più. Non solo nella fiction, ma anche nel mondo reale.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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