L'imperativo è non toccare nulla. Un compito difficile quando ci si trova all'interno di un bagno pubblico: bisogna tirare l'acqua, aprire la porta del bagno, aprire il rubinetto, richiuderlo e aprire un'altra porta. Alcune soluzioni hanno reso più semplice evitare di toccare le superfici più sporche, come il pulsante dell'acqua e le manopole del rubinetto, entrambi sostituiti con sensori ad infrarossi. Anche gli asciugamani di carta sono stati ormai mandati in pensione da soluzioni che non richiedono la pressione di un pulsante ma sfruttano anch'esse una fotocellula. Eppure proprio questi apparecchi possono generare una vera e propria "bomba" di virus. Come? A causa del forte getto d'aria che si abbatte sulle mani.
Il problema è quello ormai tristemente famoso di questi ambienti: se qualcuno non si lava le mani, mette a rischio anche chi lo fa. Toccando maniglie e porte, per esempio, ma anche asciugandosi le mani con gli asciugatori ad aria. Che, come risultato, spargono gli eventuali virus nell'aria. Per questo sono proprio gli apparecchi più efficienti, come gli ormai diffusi Airblade della Dyson, a produrre paradossalmente un rischio maggiore per la salute. Questo perché il getto d'aria più potente è in grado di spargere un maggior numero di virus nell'aria, che peraltro mantengono la loro viralità anche in questo stato.
Lo ha dimostrato uno studio condotto da Patrick Kimmitt e Keith Redway della University of Westminster, durante il quale sono stati esaminati diversi scenari plausibili all'interno di un bagno: l'utilizzo di un fazzoletto di carta, di un normale asciugamani ad aria e di un Airblade. Per valutare il livello di virus nell'aria, i ricercatori hanno posizionato diverse vaschette contenenti un sottile strato del batterio E. coli in vari punti della stanza e a diverse altezze. Questo perché il virus utilizzato nei test, l'MS2, attacca i batteri e li uccide, rendendo possibile individuarne la presenza dalle zone morte che caratterizzano le provette in seguito alla sua diffusione.
Il risultato è che, mettendo insieme i dati ottenuti dall'esperimento, gli asciugamani ad aria più efficienti producevano zone morte 60 volte più grandi di quelle degli asciugamani normali e 1.300 volte più grandi di quelle prodotte dalla normale carta. Dei virus "sparati" in aria dagli asciugamani, il 70 percento era inoltre all'altezza del volto di un bambino. In termini di distanza, quella percorsa dai virus lanciati dagli Airblade era 20 volte più grande di quella dei normali asciugatori e 190 volte più grande di quella dei tovaglioli di carta. La problematica, ovviamente, è relativa alle mani sporche: solo in questo caso i virus vengono lanciati in aria e mettono a rischio la salute di chi, invece, ha usato acqua e sapone. Lo studio è stato pubblicato all'interno del Journal of Applied Microbiology. "La scelta di utilizzare asciugamani ad aria" spiegano gli autori. "Dovrebbe essere valutata attentamente, soprattutto in ambienti a rischio come ospedali o ristoranti".
Dyson ha risposto alla denuncia inviando una nota con la quale, come già successo diversi anni fa, accusa l'industria della carta di aver creato falsi allarmi. “L’industria delle salviette di carta crea allarmismi con questa ricerca da almeno quattro anni. Lo studio in oggetto è realizzato in condizioni artificiali, utilizzando livelli irrealistici di contaminazione batterica (talmente alti da non essere riscontrabili in natura) mediante l’impiego di guanti e in assenza del lavaggio delle mani prima della fase di asciugatura" si legge nella nota". L’asciugamani ad aria Dyson Airblade asciuga le mani igienicamente con aria filtrata da filtro HEPA in massimo 12 secondi. È provato scientificamente che i nostri asciugamani ad aria sono igienici tanto quanto le salviette di carta attraverso ricerche condotte dall’Università di Bradford (pubblicata nel Journal of Applied Microbiology, dall’Istituto di Ricerca in Microbiologia in Francia, dal College of Medicine dell’Università della Florida e dal Campden BRI). Gli asciugamani ad aria Dyson Airblade sono gli unici ad essere certificati a livello mondiale dal protocollo NSF P335”.