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Opinioni

Il business delle bufale in Rete: gli strumenti per combatterlo sono aperti a tutti

Grazie ad una inchiesta di Paolo Attivissimo e David Puente è stata scoperta una rete di siti che esercitavano la disinformazione in maniera sistematica, utilizzando gli strumenti che la stessa Rete ci mette a disposizione.
A cura di Juanne Pili
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Un esempio di "bufala" pubblicata da uno dei siti ospitati da Edinet.

La palma d'oro della disinformazione in Rete potrebbe essere consegnata tranquillamente a LiberoGiornale, dopo aver pubblicato notizie come quella degli esponenti del Pd arrestati per la falsificazione di 2 milioni di voti al referendum. Si tratta però di una parte di un'unica "attività editoriale", se così possiamo chiamarla.

L'inchiesta riguardo all'attività di Edinet. Com'è saltato fuori, grazie ad una inchiesta di Paolo Attivissimo con la collaborazione tecnica di David Puente, il sito fa parte assieme ad altri – come Notiziea5stelle, Kontrokultura.it e GazzettaDellaSera – di una stessa rete di domini ospitati dalla società bulgara Edinet, la quale fa capo a Matteo Ricci Mingani.

Tutto parte da una indagine sugli intestatari dei siti. Grazie al servizio di Whois privacy questi siti riuscivano a tenere nascosto il proprio intestatario. Gli autori hanno commesso però l'errore di non farlo fin da subito. In generale le attività dei siti di disinformazione, influenzando le intenzioni di voto, hanno allertato la stessa Polizia postale, la quale si è avvalsa dell'esperienza David Puente per altri casi, essendo esperto nel tracciamento dei siti. Questo non deve farci pensare che tali analisi siano alla portata dei soli hacker, lo stesso David per le sue ricerche ha utilizzato strumenti accessibili a tutti, come ci spiega lui stesso:

Non è necessario essere un hacker. Un giorno la Polizia Postale mi contattò per un incontro al fine di illustrare una mia ricerca su una catena di siti internet a cui erano interessati. La prima domanda che mi fecero fu "Tu sei un hacker?". Risposi sorridendo che non serviva essere hacker per recuperare prove pubbliche online, il problema è sapere dove andare a cercarle e come collegarle, ed è questo quello che riesco a fare.

Gli strumenti di indagine sono aperti a tutti. Effettivamente è grazie al terminale dei nostri computer e a diversi servizi presenti più o meno gratuitamente in Rete che possiamo supportare ricerche approfondite su chi sta dietro ai siti. Per maggiori approfondimenti suggeriamo la lettura del saggio di Riccardo Meggiato, "Sherlock Holmes al computer", edito dalla Apogeo.

Certamente il proprietario della Edinet tenta di giustificarsi sostenendo che lui non è un editore, limitandosi a concedere a pagamento lo spazio dei sui server. Eppure esistono diversi comunicati stampa dove egli viene indicato come "responsabile delle comunicazioni". Tutto questo solleva enormi problemi dovuti anche alle carenze della legislatura italiana. Quel ch'è più importante rivelare grazie a questa inchiesta è il business della disinformazione, nonché la sua importanza nell'influenzare il dibattito politico. Quella di Edinet infatti è solo la punta di un iceberg:

Non è assolutamente un caso isolato e il caso non è affatto chiuso. Quello di LiberoGiornale è l'inizio e, come ho detto nel mio blog, "ho appena cominciato".

La lotta contro la disinformazione in Rete è quindi solo agli inizi, ma per lo meno si sta cominciando. Forse per la prima volta si comincia a prendere coscienza dei danni che una informazione fuori controllo può fare, in Rete come nei media tradizionali.

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Debunker, Content writer. Collaboro anche con Debunking.it e l'associazione EduTube Italia.
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