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Perché sugli aerei non si utilizzano sistemi di localizzazione migliori?

Pochi giorni fa il volo AirAsia QZ8501si è inabissato nel Mar di Giava, scomparendo dai radar per diversi giorni. È la seconda volta in un anno in cui un aereo sparisce nel nulla, ma è davvero impossibile utilizzare sistemi di localizzazione migliori?
A cura di Marco Paretti
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Tracciare aerei radar gps localizzare

Gli incidenti aerei nel 2014 sono stati 111. Non fatevi spaventare dal numero: è il dato più basso dal 1920. Eppure, anche alla luce degli avvenimenti di qualche giorno fa, ogni volta che un volo sparisce nel nulla e viene ritrovato dopo giorni, settimane o mesi ci si chiede come sia possibile che all'alba del 2015 non sia ancora possibile rintracciare efficacemente un aereo tramite GPS. Una domanda sacrosanta, la cui risposta richiede però un'analisi approfondita dell'attuale situazione dell'industria aerea. Perché allo stato attuale delle cose gli aerei vengono tracciati costantemente, ma il metodo di controllo si affida a strumenti vecchi e, soprattutto, suscettibili a problemi nel caso di guasti o disastri aerei.

Quest'anno abbiamo assistito a due tragedie nelle quali per giorni si è persa totalmente traccia di due veivoli: i voli Malaysia Airlines MH370 e AirAsia QZ8501. In entrambi i casi i contatti sono cessati improvvisamente mentre gli aerei si trovavano in volo, un campanello d'allarme che ha portato a dare il via alle ricerche vere e proprie. Ma possibile che, una volta in stato d'allarme, l'aeroplano sia totalmente irrintracciabile tramite le tecnologie attuali? Che per ritrovarne i resti ci sia bisogno di sorvolare per ore e ore tratti infiniti di mare alla ricerca di segnali che possano indicare un abissalmente del mezzo?

Tracciare aerei radar gps localizzare

La risposta è sì, almeno per ora. Attualmente gli aerei possiedono tre modi per comunicare con l'esterno: i transponder, il GPS e la scatola nera. Il primo rappresenta il dispositivo in grado di emettere il segnale radio che trasporta informazioni come il numero identificativo, la velocità e l'altitudine. Questi dati vengono trasmessi quando viene interrogato da un radar presente in una torre di controllo. Il transponder è di fatto l'unico dispositivo con il quale il controllo di terra può avere un'idea in tempo reale della posizione dell'aeroplano. A questo si affianca il GPS, che però non deve trarvi in inganno: quello equipaggiato dagli aerei funziona in maniera differente rispetto a quello inserito nei nostri smartphone, il quale ci permette di ottenere indicazioni stradali o inviare a terzi la nostra posizione tramite varie applicazioni. I trasporti aerei utilizzano il GPS solo per la navigazione e non, per esempio, per segnalare la posizione della scatola nera. In altre parole, gli aerei usano il GPS per tracciare se stessi, ma non condividono quest'informazione con il controllo del traffico aereo.

"Non conosciamo la posizione dell'aereo perché per quell'informazione ci affidiamo al radar. Se un aereo non viene individuato dal radar, la sua posizione non può essere accertata" ha spiegato David Ison, professore della Embry-Riddle Aeronautical University. Se il GPS fallisce – è suscettibile ad interferenze – il sistema di navigazione inerziale prende il sopravvento, utilizzando alcuni speciali sensori per calcolare la posizione, il moto e la velocità del mezzo. Per ultima, la scatola nera rappresenta un dispositivo praticamente indistruttibile che registra ogni singolo dato del volo: può dare risposte e spiegare cosa è successo. Il problema principale legato all'utilizzo di questo device è che, essendo ovviamente equipaggiato all'interno dell'aereo, esso finisce dove cade il veivolo. Questo diventa un problema soprattutto quando il luogo dello schianto è l'oceano – come nel caso dei voli della Malaysia Airlines e dell'AirAsia – poiché il recupero diventa difficoltoso a causa dell'impossibilità d'individuazione del relitto. Inoltre, le profondità marine interferiscono con il debole segnale di localizzazione della scatola nera.

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Tutto ciò porta ad un'ulteriore domanda: se il transponder rappresenta l'unico mezzo con il quale condividere la propria posizione con il controllo del traffico aereo, perché i piloti hanno la possibilità di disattivarlo dalla cabina? Una domanda che riemerge continuamente fin dall'11 settembre, quando tre degli aeroplani hanno volato per migliaia di chilometri con i transponder spenti. La risposta arriva direttamente dalle compagnie aeree e si può riassumere con: bisogna avere fiducia nel pilota. In effetti, tolti i (rarissimi) casi di dirottamento, la possibilità di spegnere il transponder può essere utile in caso di problemi. Il pilota potrebbe aver bisogno di riavviare la radio al manifestarsi di problematiche o emergenze elettriche. Nel caso, plausibile, in cui un cortocircuito dia inizio ad un piccolo incendio il pilota deve poter disattivare l'apparecchio. "È stupido dire ‘facciamo in modo che il transponder non possa essere spento'. I piloti devono avere il controllo della cabina di pilotaggio per poterne gestire ogni parte" ha commentato Scott Brenner, portavoce della Federal Aviation Administration.

Che cosa si può fare, quindi, per risolvere questa situazione di stallo? Nel breve termine nulla. L'Aircraft Tracking Task Force creata in occasione dell'incidente della Malaysia Airlines ha presentato solo poche settimane fa il risultato delle sue ricerche. Il gruppo di esperti ha suggerito alle compagnie aeree di fare il punto sulle tecnologie di monitoraggio attualmente in loro possesso per poi considerare l'opzione di potenziarle nel breve termine, indicativamente nel corso del 2015. Ciò significa che il punto di partenza è utilizzare meglio gli strumenti a disposizione piuttosto che aggiungerne di nuovi. Nel medio termine – nei prossimi tre anni – la task force raccomanda di cominciare a valutare le nuove tecnologie per l'individuazione degli aerei. Questo vuol dire che siamo lontani anni da una soluzione.

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Una delle possibili soluzioni potrebbe essere un sistema di streaming in tempo reale dei dati immagazzinati nella scatola nera, in modo che non ci sia bisogno di ritrovarla per poter avere risposte sul motivo del disastro. Oppure, ancora, c'è chi suggerisce un "recorder" – una sorta di scatola nera – in grado di auto-eiettarsi prima o dopo lo schianto. In questo modo potrebbe atterrare o galleggiare sull'acqua e fornire immediatamente informazioni sulla posizione dell'incidente, oltre che dati sulle problematiche che l'hanno generato. Anche qui, però, i problemi dell'attuazione di queste due contromisure sono molti, a partire dai finanziamenti. C'è chi dice che, dato l'esiguo numero di incidenti, uno streaming in tempo reale richiederebbe un'infrastruttura troppo costosa e inutile nel 99% dei casi. Bisogna inoltre scontrarsi con l'estrema riluttanza delle compagnie aeree ad investire in nuove tecnologie, visto che ora l'impegno maggiore è quello impiegato nella riduzione dei costi. Alcuni esperti hanno già la soluzione pronta: un nuovo metodo di finanziamento costituito da una sovrattassa sui biglietti aerei. Dopotutto si sta parlando della sicurezza di tutti, no?

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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