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AgCom, Cardani: “Serve una via italiana alla digitalizzazione”. Il paese però rincorre ancora l’UE

Prima audizione alla Camera per il neo presidente dell’Authority che chiede indipendenza e cooperazione tra il legislatore e il regolatore. Il rapporto della Commissione Europea però sottolinea ancora molti settori in cui il nostro paese è ancora arretrato rispetto alle altre nazioni dell’Unione.
A cura di Angelo Marra
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Se il Presidente Angelo Cardani fosse stato eletto per la sua carica dopo un'accurata analisi dei potenziali candidati e dei loro curricula piuttosto che per nomina divina da parte di Monti il suo discorso di insediamento avrebbe avuto di certo una maggiore credibilità. Senza nulla voler togliere alla preparazione tecnica del bocconiano, è il prezzo che si paga quando si è partecipi di certi giochi politici che ignorano categoricamente la volontà popolare. Peccato, perchè la prima audizione alla Camera dopo la nomina è stata un'analisi lucida che non ha mancato di sottolineare quali siano i principali punti su cui intervenire.

IL DISCORSO DI CARDANI – Nel suo intervento il successore di Calabrò ha ricordato innanzitutto un passaggio fondamentale, ovvero quello del legame indissolubile che c'è tra l'AgCom ed il legislatore; l'Authority è chiamata ad assolvere alcuni compiti che però devono rientrare all'interno di una regolamentazione che solo la politica può stabilire (basti pensare che la legge sul diritto d'autore in Italia risale al 1949). Pertanto AgCom non può operare da sola ma occorre una “forte cooperazione con il legislatore”, anche se, al tempo stesso, “nell'analisi tecnica l'autorità deve cavarsela da sola”, come a voler stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di ingerenza esterna. Il tutto per tracciare una “via italiana alla digitalizzazione, sarà necessario includere nell'ecosistema digitale ampi settori delle attività economiche, introducendo una diversa organizzazione delle imprese”. “L'Italia è molto in ritardo sui partner europei e sui concorrenti diretti” ha detto il neo presidente, “occorre colmare questo divario in un periodo in cui serve attenzione alla redditività degli investimenti”.

IL REPORT DELLA COMMISSIONE EUROPEA – Nel suo discorso Cardani snocciola anche qualche numero, come il peso dell'ICT sul PIL italiano, pari al 2%, molto distante dal 5% raggiunto da altri paesi come l'Inghilterra. Un ritardo più ampiamente illustrato dal rapporto Digital Agenda Scoreboard della Commissione Europea che ha scattato per l'ennesima volta una fotografia quasi tutta negativa dell'Italia e del suo rapporto con la rete. Il Belpaese si trova arretrato rispetto alla media dei paesi del Vecchio Continente in quasi tutti i settori, a partire dalla penetrazione della banda larga, al 22,2% rispetto al 27,7% dell'UE mentre va anche peggio per quella mobile, al 31,3% con ben 11,8 punti in meno rispetto alla media europea. Lo scorso anno solo il 51% della popolazione ha usato regolarmente internet a fronte di una media europea del 68% ; solo il 15% compra in rete mentre non oltre l'11,3% opera nell'eCommerce. La ciliegina sulla torta però è l'eGovernment italiano, che con il suo 22% è sotto addirittura di 19 punti percentuali rispetto alla media europea.

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