A pochi giorni dalla firma da parte del Ministro Franceschini al decreto di quella che da molti è già stata definita la “tassa sul cellulare“, che porterà a un aumento di fino a 4 euro ai prezzi relativi a smartphone e tablet con una capienza superiore ai 16 GB, l'associazione per i consumatori Altroconsumo ha deciso di ricorrere al TAR per fermare l'attuazione della nuova tassa, definendola "ingiusta" e "destinata ad arricchire esclusivamente le tasche della SIAE".
“Il meccanismo dell’equo compenso per copia privata è obsoleto e ingiusto” si legge sul sito dell’associazione – “i consumatori che acquistano musica e film legalmente da piattaforme online, pagano infatti già a monte i diritti d’autore per poterne fruire (e fare copie) su un certo numero di supporti: è dunque profondamente ingiusto che debbano pagare una tassa anche sui supporti, trovandosi così a pagare due volte”.
Una tassazione che si basa su un concetto obsoleto, almeno è questo quanto rivelato da un'indagine ad hoc commissionata dal precedente Ministro Bray, il cui scopo era quello di verificare le abitudini e gli usi dei consumatori italiani e capire se i mancati introiti che hanno caratterizzato gli ultimi anni della SIAE, dipendessero realmente dall'enorme numero di copie private di opere musicali e cinematografiche: dallo studio statistico è emerso che le abitudini degli italiani sono profondamente cambiate, e che solo 13,5 percento di chi acquista di opere protette dal diritto d’autore, realizza abitualmente una copia privata dei contenuti e, in ogni caso, il 69,4 percento lo fa tramite computer.
Pagare un vero e proprio sovrapprezzo che va a finire nelle tasche della Siae, per una possibilità che interessa solo a una piccola minoranza degli italiani è senza dubbio un paradosso. Un paradosso che diventa ancora più grande se si considera che dallo studio statistico commissionato dall'ex Ministro Bray è risultato che quella della copia privata, è un'usanza che non interessa assolutamente i dispositivi mobili come smartphone e tablet.
“Solo il 13% dei consumatori fa effettivamente copie private" – si legge nella nota pubblicata da Altroconsumo – "E di questi solo 1 terzo usa smartphone e tablet per archiviarle, per cui se proprio deve essere aggiornato l’equo compenso va sensibilmente ridotto”.
Un discorso più che sensato, quello della più grande associazione per i diritti del consumatore, fatto in un periodo fortemente caratterizzato una rapida e radicale espansione – anche nel Belpaese – di servizi di streaming musicale come Spotify o Deezer (che in Italia rappresentano il 18% della musica digitale): servizi che eliminano alla base il concetto e la necessità stessa della copia privata, proprio perché viene a mancare il brano "acquistato", tramite il quale si potrebbe realizzare una copia.
“Se è vero che ci sono Paesi in Europa, come Francia e Germania, dove esiste una tassa analoga (e dove l’equo compenso pesa di più che da noi)" – continua l'associazione – "E' vero che esistono Paesi dove non si è mai pagato nulla (come nel Regno Unito), e Paesi che lo hanno da poco eliminato (come la Spagna)”.
Per rendere partecipi tutti i cittadini alla protesta appena nata, Altroconsumo da la possibilità di lasciare una firma elettronica alla petizione cliccando QUI: ad oggi, le firme raccolte sono già oltre ventimila, e siamo convinti che il numero è destinato a crescere sostanzialmente.