La vicenda che ha coinvolto Amazon nelle ultime ore negli Stati Uniti, riguarda gli oltre 100 milioni di dispositivi Alexa venduti in tutto il mondo e una particolare questione relativa alla privacy dei bambini e alla mappatura della loro voce per utilizzare l'assistente virtuale: sono due i casi negli USA, con i quali si accusa il colosso dell'e-commerce della la creazione di impronte vocali dei bambini, che potrebbero far sì che l'azienda tenga traccia dell'utilizzo e delle abitudini anche dei più piccoli e crei "un vasto livello di dettagli sulla vita del bambino".
A diffondere la notizia è la BBC, che ha sottolineato come gli avvocati coinvolti nei casi siano alla ricerca di un risarcimento per i due querelanti coinvolti ed abbiano invitato altre persone ad unirsi a partecipare alle class-actions in nove stati americani, in cui si sostiene che Amazon stia violando le leggi sulla privacy.
La risposta di Amazon all'accusa di registrare le voci dei bambini
Sovente è arrivata la risposta dell'azienda, che ha dichiarato alla BBC di impegnarsi già da tempo "per preservare la fiducia dei clienti e delle loro famiglie, adottando misure e protocolli rigorosi per proteggere la loro sicurezza e la loro privacy".
Ed, in effetti, teoricamente Amazon tutti i torti non li ha, ma questa vicenda mette in risalto un'altro problema ben più grave, relativo non solo alle aziende e agli assistenti digitali, ma a quanto tante persone utilizzino queste tipologie di servizi con troppa superficialità, senza leggere i disclaimer informativi e dando il proprio consenso all'analisi dei propri dati personali.
Perché è pur vero che Alexa, così come Google Assistant, crea una mappatura vocale delle persone che sono in casa ed utilizzano uno dei dispositivi compatibili, con lo scopo di riconoscerle e collegare automaticamente account privati o routine giornaliere, ma lo fa solo dopo che il proprietario del dispositivo ha dato il proprio consenso. Inoltre, chiunque abbia accesso all'account collegato ad un determinato dispositivo Alexa, ha la possibilità di cancellare il profilo e le mappature vocali di ogni persona registrata, e soprattutto quelle dei propri bambini che – chiaramente – se avessero meno di 13 anni, avrebbero dover avuto il permesso da parte dei genitori per utilizzare il servizio.
Il punto della questione, però, è che nelle due class action di Los Angeles e Seattle, nate rispettivamente per conto di un bambino di 8 anni e per una bambina di 10 anni, si afferma che i bambini abbiano interagito con gli altoparlanti Echo Dot nelle loro case, per farsi raccontare barzellette, ascoltare musica, risolvere problemi di matematica e rispondere ad altre domande, ed in entrambi i casi i genitori non abbiano mai accettato far registrare la voce del loro bambino.
"In nessun caso Amazon avverte gli utenti non registrati che sta creando registrazioni vocali persistenti delle loro interazioni con Alexa, per non parlare del loro consenso a farlo" – affermano gli avvocati delle due famiglie – "Né i bambini né i genitori hanno acconsentito a registrare permanentemente le interazioni dei bambini".
E il motivo è semplice: invece di inviare una query digitale delle parole ascoltate, i dispositivi Amazon Alexa inviano l'intera registrazione vocale ai server dell'azienda e creano una mappatura vocale di ogni persona che li utilizza, che viene fatta passare necessaria per "migliorare i servizi e le modalità di interazione", senza dire esplicitamente che, tra l'altro, possono essere ascoltate dai dipendenti.
E c'è poi un'altro problema. Tra le clip inviate ai server ed analizzate dai dipendenti dell'azienda, capita però che ce ne siano alcune registrate a partire da un'attivazione spontanea dei dispositivi, che molto spesso sentono la parola "Alexa" anche quando non è stata pronunciata. Alcuni dipendenti ad esempio hanno raccontato a Bloomberg di aver assistito a conversazioni private e a potenziali crimini, ma che per policy sono comunque tenuti a non interferire mai.
Amazon ha però precisato, che le clip che ciascuno sente vengono rese anonime e irrintracciabili da chi ascolta e vengono inviate ai server tramite connessioni crittografate. Questo però non impedisce al sistema di compiere degli errori di quando in quando, né agli utenti di essere ad esempio risconosciuti a partire da informazioni che rilasciano negli stessi audio registrati da Alexa.
Insomma, quello degli assistenti digitali non è ancora un sistema perfetto ed integrare un'elaborazione audio in locale, in modo che ogni Echo ascolti e comprenda ciò che gli viene detto e lo elabori per poi inviare delle informazioni digitali e non registrazioni audio, farebbe aumentare il prezzo di vendita dei dispositivi. Per questo Amazon è a lavoro su una serie di nuovi algoritmi di machine learning capaci di correggersi da soli, senza quindi la necessità di far ascoltare le registrazioni a dipendenti umani. Ma per iniziare a vedere i primi frutti di questa nuova tecnologia, passerà ancora molto tempo.