Secondo Amnesty International, Facebook e Google sono dei "colossi della sorveglianza" la cui dominazione sulle piattaforme digitali ha "consentito un abuso dei diritti umani su scala globale". Lo ha affermato l'organizzazione all'interno di un nuovo rapporto focalizzato proprio sul business dei due giganti tecnologici e sulla conseguente minaccia ai diritti degli utenti. "Nonostante il valore dei servizi che forniscono, Google e Facebook hanno un costo" ha spiegato Amnesty nel rapporto. "Il business basato sulla sorveglianza porta le persone a sottoscrivere un accordo faustiano, dove sono in grado di ottenere i loro diritti umani solamente accettando di far parte di un sistema basato sull'abuso di questi diritti".
Secondo Amnesty, Google e Facebook non fanno pagare l'utilizzo della piattaforma solo perché gli utenti pagano i loro servizi con i propri dati personali. Dati che a volte possono tornare a colpire gli stessi utenti come nel caso di Cambridge Analytica, sottolinea Amnesty. "Google e Facebook hanno preso la nostra privacy poco alla volta. Ora siamo intrappolati" ha spiegato Kumi Naidoo, segretario generale dell'organizzazione. "Possiamo sottometterci a questo macchinario di sorveglianza, dove i nostri dati possono essere facilmente manipolati per influenzarci, o rinunciate ai benefici del mondo digitale. Questa non può essere una scelta legittima".
Come soluzione, Amnesty propone ai governi di arginare questo modello di business basato sulla sorveglianza con leggi per la protezione dei dati e regolamentazioni davvero efficaci contro i giganti tecnologici. Il rapporto sottolinea anche come Amazon e Microsoft abbiano adottato dei modelli di business simili, ma, essendo due piattaforme meno essenziali per le comunicazioni tra le persone, rappresentano una minaccia meno immediata.
La risposta di Facebook
"Non siamo d'accordo con le vostre conclusioni sul fatto che le nostre pratiche siano inconsistenti con i principi dei diritti umani" ha risposto Steve Satterfield, responsabile della privacy e delle policy pubbliche di Facebook, al quale ha fatto eco una nota inviata dall'azienda: "Facebook consente alle persone di tutto il mondo di connettersi in modi che proteggono la privacy, inclusi i paesi sottosviluppati. Il nostro modello di business consente a gruppi come Amnesty International, che attualmente ha annunci pubblicitari attivi su Facebook, di raggiungere sostenitori, raccogliere fondi e portare avanti la propria missione".