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Aumento Equo Compenso: “Franceschini va avanti nonostante il concetto sia obsoleto”

Reso pubblico lo studio voluto dall’ex Ministro Bray per valutare le abitudini degli italiani e decidere in merito all’adeguamento dell’Equo Compenso. Ma Franceschini tira dritto: “o si cambia la legge, o si fa l’adeguamento tariffario”, che ovviamente sarà al rialzo.
A cura di Dario Caliendo
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Un lungo dibattito in tema Equo Compenso avvenuto tra il Ministro dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini e le parti interessate in audizione (i rappresentati da Confindustria digitale assieme a varie associazioni di settore in Confcommercio, e la Siae, società a cui va l’equo compenso) ha portato ad un ultimatum: "si accordino subito o il Governo agirà d’imperio aggiornando le tariffe". Questa la decisione del Ministro sull'argomento più caldo degli ultimi tempi, che vede ormai quasi inevitabili i rincari della "royalty", pagata direttamente dai consumatori, applicata da anni sui dispositivi elettronici e digitali, per compensare i detentori di diritto d’autore della possibilità che gli utenti hanno di usare i propri dispositivi digitali, per realizzare una “copia privata” dei contenuti.

Dopo lo stop dell'Ex Ministro Massimo Bray, che nel corso di un'affollatissima audizione tenutasi lo scorso dicembre ha proposto di ”sospendere tale aumento, convocare il tavolo tecnico con tutte le parti interessate per condurre uno studio indipendente sull’evoluzione tecnologica e il comportamento dei consumatori", pare quindi che Franceschini sia intenzionato ad andare avanti, nonostante lo studio commissionato da Bray abbia ufficialmente rivelato che il concetto di copia privata è ormai obsoleto.

Dallo studio in questione (che è possibile leggere integralmente in alto) è emerso che le abitudini degli italiani sono profondamente cambiate: solo 13,5 percento degli acquirenti di opere protette da diritto d'autore fa abitualmente una copia privata dei contenuti e, in ogni caso, il 69,4 percento lo fa tramite computer. Un vero e proprio paradosso, come spiega l'avvocato Salzana, uno dei massimi esperti nel settore. "Tutti paghiamo un sovrapprezzo" – ha dichiarato l'Avvocato – "che va alla Siae, sui dispositivi elettronici per una possibilità (la copia privata) che interessa solo una minoranza di italiani. E che comunque non interessa gli smartphone, i quali però pure subiscono un rincaro per l’equo compenso".

Un concetto più che sensato, soprattutto considerando che la rapida e radicale diffusione di servizi di streaming musicale come Spotify o Deezer (che in Italia rappresentano il 18% del digitale), elimina in partenza le radici stesse della "copia privata" in quanto viene a mancare è proprio il file "acquistato", tramite il quale si potrebbe una copia.

La SIAE però contesta il rapporto, e risponde con una nota nella quale si legge: "In riferimento al sondaggio effettuato dalla società Quorum, società prevalentemente operante nel settore dei sondaggi elettorali, per l’ex Ministro Bray sulla copia privata, rileviamo che l’indagine tende ad ottenere un panorama complessivo sugli usi da parte dei consumatori dei nuovi device solo con riferimento alla fruizione in senso ampio e  non è direzionato sull’attività di copia privata (il rapporto finale è composto da 79 slide e ne dedica solo 13 all’indagine sulla realizzazione di copie private)."

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"Dunque il sondaggio non fornisce quel focus necessario ad una valutazione quantitativa e qualitativa della riproduzione per uso privato. L’indagine non è svolta secondo metodo scientifico tanto è vero che le domande sulla copia privata sono poste male e fuorvianti, poiché tendono a considerare la riproduzione su soli “supporti fisici” (cd, dvd, chiavette), escludendo pc, smartphone e tablet. L’inchiesta ha un approccio totalmente diverso rispetto ai sondaggi tradizionalmente utilizzati in Italia e in Europa per la conoscenza delle abitudini dei consumatori in materia di copia privata. In particolare sono stati esclusi dal sondaggio i consumatori che non acquisiscono contenuti via internet e che utilizzano fonti  più tradizionali per ottenere i contenuti da riprodurre […] Nel sondaggio viene utilizzato il concetto di acquisizione di contenuti,  accezione troppo generica e di difficile comprensione poiché potrebbe riferirsi all’acquisto o alla generica disponibilità di contenuti o anche alla fruizione di contenuti in streaming. Le domande sui comportamenti tenuti dagli intervistati 3 anni fa non sono significative, sono addirittura fuorvianti perché si riferiscono non a dati ma a rappresentazioni di ricordi da parte degli intervistati. Gli intervistati, inoltre, secondo il sondaggio, dovrebbero “ricordare” supporti e apparecchi di riproduzione commercialmente non più esistenti falsando palesemente il risultato rispetto ai prodotti oggi in uso".

Un adeguamento da 200 milioni

A conti fatti, l’aumento pensato dall'ex Ministro Bray e fortemente voluto dalla SIAE, potrebbe far entrare nelle casse dello Stato circa duecento milioni di euro, a differenza dei ventisette riscossi nel 2012. “Una cifra spropositata già così com’è – afferma Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale – Con l’aumento delle tutele al diritto d’autore e con i nuovi sistemi di condivisione la quota dovrebbe, semmai, ridursi”. Il compenso aggiuntivo, ad esempio, su un computer potrebbe passare dai 2,4 euro ai 6 euro, su uno smartphone aumenterebbe da 0,9 euro a 5,2 euro e su un tablet  da 1,9 euro a 5,2 euro: verranno esclusi dalla lista dei dispositivi tassati i CD ed i DVD vergini, ma verranno introdotte le Smart TV.

Dario Franceschini
Dario Franceschini

L'adeguamento relativo all'Equo compenso è un aggiornamento della tariffa che va fatto adesso, perché la legge prevede che avvenga ogni due anni (l'ultimo adeguamento risale addirittura al 2009) e a ricordarlo è lo stesso Ministro Franceschini, che tira dritto e ribadisce che dovrà "comunque emanare, anche in assenza di un'intesa tra le parti, il relativo decreto ministeriale, così come previsto dalla legge". Insomma "o si cambia la norma di legge" – continua Franceschini – "oppure l'adeguamento tariffario va fatto, soprattutto tenuto conto che andava modificato già nel 2012. Siamo due anni in ritardo".

Manca poco alla decisione definitiva quindi, che avverrà dopo l'incontro con il comitato permanente consultivo sul diritto d'autore presieduto da Paolo Marzano, dopodiché il Decreto Biondi del 2009 verrà aggiornato, e per altri due anni non si parlerà più della faccenda.

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