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Chi era Remilia, la prima donna e la prima trans degli esport di League of Legends morta a 24 anni

Era diventata celebre per essere la prima donna ad essersi conquistata un posto nel massimo campionato dell’esport più seguito al mondo, ma con la fama non è arrivato soltanto l’affetto dei fan. Le critiche degli hater, insieme a una operazione dal cattivo esito, hanno segnato la carriera della professionista.
A cura di Lorenzo Longhitano
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In queste ore la comunità dei fan di League of Legends e in generale molta parte degli appassionati di videogiochi online sta piangendo la scomparsa della videogiocatrice professionista Maria Creveling, nota ai più con il nome di Remilia con il quale si presentava online e nelle competizioni videoludiche. La giovane si è spenta nel sonno durante la notte del 27 dicembre all'età di soli 24 anni in circostanze ancora da chiarire.

La carriera e il primato

Nata il 2 febbraio 1995 a Portland, negli Stati Uniti, Remilia è diventata famosa per essere stata contemporaneamente la prima giocatrice donna e la prima giocatrice transgender a competere nel campionato professionistico LCS, ovvero il più importante circuito competitivo per i giocatori di League of Legends. Il suo percorso all'interno nel gioco di strategia di Riot Games è cominciato nel 2013 quando la giovane, all'età di 18 anni, ha iniziato a partecipare in un ruolo di sostegno per una squadra iscritta alla Challenger Series dell'LCS.

Due anni più tardi, nel 2015, Remilia si è unita ai Misfits, poco prima che assumessero l'attuale nome di Renegades e contribuendo a far vincere loro la Challenger Series che è valsa al team l'accesso al torneo prinipale LCS. La promozione alla massima serie del campionato ha reso Remilia protagonista di un primato assoluto, quello di prima donna a competere nel massimo torneo dell'esport più giocato del pianeta; la fama che ne è derivata ha però attirato su di lei l'attenzione indesiderata di troll e hater.

Tra l'affetto dei fan e gli hater

Oltre a ricevere l'affetto e il sostegno di numerosi seguaci — che anche dopo la morte la stanno citando come un esempio e una ispirazione — fin dai giorni successivi alla promozione Remilia ha dovuto confrontarsi con una schiera di critici pronti a rovesciare le proprie frustrazioni sul ruolo della giocatrice nel team. L'anno successivo la giocatrice ha dovuto abbandonare il suo ruolo nella squadra per problemi di ansia ed autostima che sembravano inizialmente essere stati causati causati proprio dal confronto obbligato e costante con la parte tossica della comunità di videogiocatori e spettatori di esport.

Dopo pochi mesi Remilia è tornata nell'arena di League of Legends unendosi però a un altro team, i Kaos Latin Gamers, per poi proseguire fino al 2019 con FlyQuest, Team Quetzal e Sector 7. Due anni dopo l'abbandono del team Renegades la giocatrice era però riuscita a tornare sulla questione, chiarendo che la ragione principale della sua decisione è stata in realtà il cattivo esito di una operazione di riassegnazione del sesso subita poco prima dell'inizio del torneo LCS dal quale si è poi ritirata. L'operazione tra le altre cose le ha provocato danni a livello nervoso, rendendole impossibile giocare a livello competitivo per i mesi successivi.

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