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Copyright e diritto d’autore, l’Italia nella lista nera degli Stati Uniti

Il nostro paese insieme a Cina, Russia, Svizzera ed Ucraina è stato inserito nell’elenco dei paesi che non hanno ancora adottato politiche efficaci nella lotta per la tutela del diritto d’autore in rete. Il riferimento è al regolamento antipirateria che l’AgCom di Calabrò non è riuscita ad approvare durante il suo mandato.
A cura di Angelo Marra
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L'Italia fa il suo ingresso nella lista dei paesi messi sotto osservazione dagli Stati Uniti a causa della mancanza di un regolamento efficace nella lotta alla pirateria e alla violazione del diritto d'autore in rete. Il Belpaese infatti, insieme a Cina, Russia, Svizzera ed Ucraina, è stato inserito nella ‘"International Anti-Piracy Caucus Country Watch List" (qui il link al pdf) stilata dal Congresso americano e resa nota qualche giorno fa. La motivazione è esplicita, "insufficient protections for copyright are a longstanding problem in both nations", con un palese riferimento al fallimento dell'AgCom guidata da Corrado Calabrò nell'approvare il tanto discusso regolamento per il diritto d'autore.

Nel paragrafo inerente all'Italia, il documento recita quanto segue:

Piracy in Italy continues to hurt both Italian and American creators. To date, there has not been asufficient legislative framework for addressing the problem, or clear leadership in developing one. Italy’s Regulatory Communications Authority (AGCOM) was unable to pass much-neededreforms to combat piracy, leaving rights holders without the tools to efficiently and effectivelyenforce their rights. Without substantial reforms, the piracy problem will continue unabated inItaly and the widespread perception will endure that illegal downloading is not harmful.

Naturalmente il Congresso americano si è limitato a certificare l'assenza di una normativa adeguata nel nostro paese, senza entrare nel merito della bagarre scatenata qualche mese fa durante il tentativo dell'authority italiana di condurre in porto l'operazione. I problemi incontrati non sono stati certo pochi, a partire dall'attribuzione dei ruoli, con più voci che si sono levate per ricordare che un argomento tanto delicato dovrebbe essere appannaggio del Parlamento e non di un ente a nomina politica, con una serie di polemiche così roventi da costringere Calabrò ad un passo indietro, in attesa che sia il Governo a stabilire limiti e poteri dell'authority (in una prima fase però l'AgCom si era auto-investita del potere decisionale spingendo per l'approvazione del regolamento senza aver consultato altri organi politici).

A questa situazione di partenza già complessa si è aggiunta la "filosofia" alla base del regolamento proposto da AgCom, quasi esclusivamente votata alla tutela delle major discografiche e cinematografiche a discapito della libertà di informazione in rete, il che naturalmente non ha fatto altro che gettare altra benzina sul fuoco. Se a tutto questo si aggiunge il tentativo dell'authority di approvare il documento prima della scadenza del mandato (facendo ricadere eventuali responsabilità sul nuovo consiglio) non risulta certo assurdo che l'operazione non si sia conclusa e che la vacatio legis in materia continui a sussistere.

Il Congresso americano non ha tenuto conto della bagarre nazionale ma si è limitato ad osservare, con parere negativo, i riflessi soprattutto per quello che riguarda i proprietari di copyright d'oltre oceano. La patata bollente ora è nelle mani di Angelo Cardani, attualmente alla guida di AgCom, che nella relazione sul 2012 ha ripercorso quanto fatto dal precedente consiglio ribadendo la necessità di approvare un nuovo regolamento. Non è ancora chiaro però se Cardani deciderà di ripercorrere le orme del suo predecessore oppure rimarrà in attesa che il Parlamento si pronunci al riguardo.

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