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Così le fake news nascono nei gruppi di Facebook: per combatterle il social raddoppierà i dipendenti

I progressi del Russiagate (con i primi tredici incriminati) fanno crollare i buoni propositi di Facebook. E il social network rilancia: “Faremo di più per prevenire gli attacchi futuri”.
A cura di Enrico Galletti
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È di un anno fa la pubblicazione da parte di Mark Zuckerberg, numero uno di Facebook, di un lungo post intitolato "Costruire una comunità globale". In quell'occasione Zuckerberg aveva dichiarato l'intenzione di Facebook di sviluppare una vera e propria infrastruttura sociale che diventasse una comunità. "I social media sono un mezzo in cui i messaggi di risonanza vengono amplificati", ha scritto Zuckerberg, anche alla luce del recente cambiamento dei meccanismi del News Feed, che dà maggior valore ai contenuti popolari. "In alcuni casi, però" ha spiegato Zuckerberg, "esporre gli utenti a persone e a idee diverse, li spinge verso gli estremismi".

L'indagine del Russiagate

Di recente Robert Mueller, il procuratore speciale che conduce l'indagine sul Russiagate, ha incriminato le prime tredici persone del caso che ha tenuto banco per diverse settimane: tutte russe. Ma sono coinvolte anche tre società, tra cui la cosiddetta "fabbrica dei troll", la Internet Research Agency, che ha sede a San Pietroburgo. Le 37 pagine redatte da Mueller mostrano come gli utenti russi incriminati abbiano rubato l'identità di alcuni cittadini americani, spacciandosi per politici e attivisti e facendo propaganda elettorale a Trump. I temi utilizzati sono stati soprattutto l'immigrazione e le questioni razziali. I responsabili dell'operazione illegale avrebbero anche acquistato server americani e spazi pubblicitari per un valore di circa 1,25 milioni di dollari.

A rischio i “piani” di Facebook sui gruppi

Questa incriminazione mostrerebbe il lato peggiore dei social media. Secondo le stime di Facebook, infatti, 126 milioni di utenti si sono imbattuti nella disinformazione creata ad hoc dai russi durante la campagna di propaganda del 2016. E oltre ai commenti, ai "like" e alle condivisioni in ballo ci sarebbe la stessa opinione pubblica distorta e "pilotata" ad hoc. Gli sviluppi del Russiagate arrivano proprio in un momento in cui Facebook sta investendo molto nei gruppi. Lo scorso anno, infatti, i vertici del social network avevano dichiarato che i gruppi più significativi sono "popolati" da cento milioni di utenti. Nel post di un anno fa Zuckerberg aveva manifestato la volontà di portare l'adesione ai gruppi più significativi a toccare cifre sull'onda del miliardo. I progressi del Russiagate, ora, fanno crollare i buoni propositi di Facebook. Chi crea e gestisce gruppi fasulli per controllare l'opinione pubblica fa leva sui contenuti “di pancia” e sui problemi più sentiti dalla popolazione. Per questo motivo molti dei contenuti diffusi sotto identità false riguardavano il fenomeno dell'immigrazione. C'erano pagine chiamate "Confini sicuri", "Blacktivist" e covi dedicati alla religione: da "United Muslims of America" fino a "Army of Jesus".

Guardia alta sulla sicurezza

"Abbiamo divulgato in modo proattivo l'attività dell'IRA al Consiglio speciale, al Congresso e al pubblico, per dare all'utenza una chiave di lettura completa su quanto accaduto", ha detto Joel Kaplan, vicepresidente della politica globale di Facebook. "Siamo grati che il governo americano stia ora intraprendendo azioni aggressive contro coloro che hanno abusato del nostro servizio". Ma nelle intenzioni di Facebook c'è anche un impegno per garantire la massima inflessibilità: "Sappiamo che dobbiamo fare di più per prevenire gli attacchi futuri". Per questo il numero dei dipendenti di Facebook quest'anno raddoppierà, raggiungendo quota 20.000. Facebook continua a sognare di essere in mezzo a una comunità globale, anche se spesso lungo la strada si incontrano numerose "tribù" che remano controcorrente. Casi come il Russiagate arrivano a mettere a rischio la presenza massiccia degli utenti nei gruppi. E Facebook, nei suoi progetti, ha già pensato anche a questo.

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