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Crisi Huawei, cosa potrebbe accadere alle aziende che sfidano il divieto

La crisi di Huawei, dopo la decisione di Google di revocare al colosso cinese la licenza d’uso del sistema operativo mobile Android, si acuisce sempre di più. E tra una stretta alla decisione e poi una sorta di alleggerimento sulla decisione che potrebbe mettere in colosso di Shenzhen in serie difficoltà, colpisce il “silenzio” dei partner di Huawei, in particolare quello di Microsoft. Ecco cosa potrebbe accadere.
A cura di Francesco Russo
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La crisi di Huawei, dopo la decisione di Google di revocare al colosso cinese la licenza d'uso del sistema operativo mobile Android, si acuisce sempre di più. E tra una stretta alla decisione e poi una sorta di alleggerimento che potrebbe mettere il colosso di Shenzhen in serie difficoltà, colpisce il "silenzio" dei partner di Huawei, in particolare quello di Microsoft. L'azienda di Redmond, dopo la decisione di Google, si è affrettata a ritirare i dispositivi Huawei dal proprio shop, ma, sul caso, non ha mail rilasciato un comunicato ufficiale, nonostante gli stretti rapporti di collaborazione tra le due aziende. E sono in tanti a chiedersi quale posizione prenderà Redmond e, soprattutto, nel caso in cui dovesse decidere di continuare a collaborare con Huawei, a quale tipo di sanzione potrebbe andare incontro.

Microsoft è uno dei principali partner di Huawei, eppure, dopo la decisione di Google, non ha ancora preso una posizione netta. Il colosso di Redmond concede al colosso di Shenzhen la licenza per usare Windows, il sistema operativo proprietario, su diversi dispositivi della serie "Matebook", licenze che vanno aggiornate periodicamente. Ora, di fronte a questa situazione molto delicata, e in divenire, è molto probabile che Microsoft abbia deciso di assumere un atteggiamento rispettoso, in attesa di ulteriori sviluppi. Ma fino a quando potrà mantenere questa posizione? E poi, nel caso volesse continuare a collaborare con Huawei, quale sarebbe la sanzione?

Cosa potrebbe succedere alle aziende che decidono di "sfidare" il divieto

In effetti, per tutte quelle aziende che decidono di "sfidare" i divieti di esportazione, esistono delle sanzioni da comminare,  che vanno dalle multe civili fino agli ordini di rifiuto che pongono limiti espliciti a quello che l'azienda può esportare, una situazione gestita dall'Office of Export Enforcement, sezione del Dipartimento del Commercio che regola la materia. Le sanzioni, in alcuni casi, possono avere anche risvolti penali, come nel caso del cittadino statunitense, nel New Jersey, condannato a fine maggio per associazione a delinquere, per aver esportato armi in Ucraina, quindi sfidando il divieto.

Il divieto in realtà coinvolge anche le aziende che garantiscono tecnologie "dagli Stati Uniti", quindi devono sottostare allo stesso divieto, ossia quello di interrompere relazioni commerciali con Huawei. Un esempio è il caso di ARM che, pur non avendo sede negli Usa, ma come fornitore di chip per il colosso cinese, ha dovuto interrompere le sue relazioni.

È quindi molto probabile che anche Microsoft si allinei alla posizione di Google, provvedendo ad interrompere le relazioni commerciali con Huawei. Microsoft starebbe adottando la strategia del silenzio per capire cosa succederà entro il prossimo 25 giugno, giorno in cui entreranno in vigore le nuove tariffe verso la Cina, con la speranza che le trattative possano ribaltare la situazione. E allora vorrà dire che la posizione di Microsoft è stata astuta ed intelligente.

Ma, visto e considerato che a condurre le trattative è Trump, non c'è da stare tranquilli, è quindi probabile che Microsoft decida di rendere pubblica la sua posizione anche prima del 25 giugno.

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