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Dal 2017 Facebook ha ridotto la visibilità di siti e testate di sinistra

Secondo una ricostruzione del Wall Street Journal, una modifica al modo in cui il social mostra i contenuti ai suoi utenti ha finito con il penalizzare regolarmente testate e siti di stampo progressista, causando una diminuzione nel numero di utenti che li visitavano, che a sua volta è risultata in perdite economiche consistenti per le organizzazioni.
A cura di Lorenzo Longhitano
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La composizione del flusso di notizie visibili su Facebook è sempre stato un argomento molto sensibile: la piattaforma del resto è frequentata da miliardi di persone che si informano attraverso ciò che il social propone loro. Ecco perché in questi giorni sta facendo discutere un cambiamento all'algoritmo che decide quali news finiscono in primo piano su Facebook, effettuato nel 2017 con l'avvallo di Mark Zuckerberg in persona: la modifica — ha accusato in questi giorni il Wall Street Journal — avrebbe infatti finito per oscurare parzialmente siti e testate progressiste o di sinistra, favorendo di conseguenza per anni la parte avversa negli Stati Uniti.

La ricostruzione del Wall Street Journal si rifà a cambiamenti che sono effettivamente avvenuti nel 2017. Allora gli sviluppatori del social avevano deciso di modificare il sistema di scelta dei contenuti per tentare di arginare quelli che potevano essere ricondotti a spam e fake news, ma ai piani alti dell'azienda c'era la preoccupazione che questo riaggiustamento avrebbe finito per penalizzare siti di stampo conservatore, attirando critiche da quella parte politica. Gli sviluppatori — continua il WJS — lavorarono a quel punto per controbilanciare l'effetto temuto, finendo però per coinvolgere le testate progressiste e rivolte a sinistra in misura molto maggiore rispetto a quanto preventivato.

Gli utenti potrebbero non essersi accorti dei cambiamenti, ma le testate coinvolte li hanno subiti immediatamente: in un articolo del 2019 la testata Mother Jones ha lamentato come nei 18 mesi precedenti le visite al suo sito fossero calate in modo consistente, causando all'organizzazione perdite per 600.000 dollari che si sono tradotte in mancate inchieste e in uno stop ai piani di espansione programmati sulla base della crescita precedente. Lo stesso gruppo aveva chiesto spiegazioni sul fenomeno proprio a Facebook, che però ha sempre rassicurato la proprietà sul fatto che il calo delle visite non dipendesse da modifiche al modo in cui Facebook visualizzava i contenuti del sito sulle proprie pagine.

La ricostruzione del Wall Street Journal racconta una storia diversa: Facebook avrebbe intenzionalmente modificato l'algoritmo a questo scopo e Zuckerberg in persona avrebbe dato il via libera all'operazione. Quel che il social non aveva intenzione di fare era accanirsi sulle singole testate, e la conferma arriva non da fonti anonime ma da un portavoce di Facebook che ha risposto con un commento a Business Insider: nella dichiarazione il rappresentante del social non entra nel merito delle accuse e si limita a spiegare che l'intento dietro alle azioni dell'azienda del 2017 non era quello di mettere nel mirino alcun singolo editore.

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