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Ddl diffamazione, i siti Internet saranno obbligati a cancellare i dati

Approvato ieri in Commissione Giustizia al Senato un emendamento che impone ai siti web e ai motori di ricerca la rimozione di contenuti ritenuti diffamatori, su richiesta dell’interessato. E’ chiaro il richiamo al “diritto all’oblio”, ma resta da chiarire come questa norma si concilierà con il diritto all’informazione.
A cura di Francesco Russo
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L'emendamento approvato ieri in Commissione Giustizia al Senato, passato quasi all'unanimità avendo espresso voto contrario solo il M5S, relativamente al "Ddl Diffamazione", di fatto sembra seguire il solco del diritto all'oblio, quello sancito dall'ormai famosa sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 Maggio scorso. A proporre questo emendamento è stato Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia. Il contenuto dell'emendamento prevede che nel caso in cui venisse riconosciuto il reato di diffamazione, i siti internet e i motori di ricerca dovranno procedere alla cancellazione dei contenuti diffamatori o i dati della persona vittima della diffamazione stessa. Se non si ottemperasse a questo obbligo, allora la magistratura potrebbe disporlo in ogni caso.

Il testo dell'emendamento (Art. 2 bis, "Misure a tutela del soggetto diffamato o del soggetto leso nell'onore e nella reputazione") è quanto segue:

1. Fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l'aggiornamento delle informazioni contenute nell'articolo ritenuto lesivo dei propri diritti, l'interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l'eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione delle disposizioni di cui alla presente legge.

2. L'interessato, in caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, può chiedere al giudice di ordinare ai siti internet e ai motori di ricerca la rimozione delle immagini e dei dati ovvero di inibirne l'ulteriore diffusione.

3. In caso di morte dell'interessato, le facoltà e i diritti di cui al comma 2 possono essere esercitati dagli eredi o dal convivente»."

Come osserva lo stesso senatore Caliendo, manca ancora un accordo sul valore economico della sanzione che verrà comminata, nel caso in cui i siti o i motori di ricerca non ottemperino alla richiesta di cancellazione dei dati da parte dei magistrati. Tra i commissari, al momento, si starebbe parlando di una cifra che potrebbe oscillare dai 5 ai 25 mila euro.

Resta ancora da capire le modalità con cui "l'interessato" della diffamazione può avvalersi di questa norma e se eventualmente questo può essere fatto anche in attesa di sentenza che imponga ai siti web di rimuovere i contenuti diffamatori. Il rischio che si corre è quello però di collegare tutto al "diritto all'oblio", diritto ormai riconosciuto, mettendo a repentaglio quello che è poi un altrettanto diritto riconosciuto che è il "diritto all'informazione e ad essere informati". Vedremo quali saranno gli sviluppi.

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