È nato il primo sindacato dell’industria dei videogiochi
Dietro i numeri da capogiro legati al fatturato e al pubblico, l'industria videoludica cela a volte un mondo del lavoro malsano, al cui interno si verificano episodi di sessismo o di sfruttamento dei lavoratori. Quest'ultimo fenomeno viene chiamato "crunch" nel gergo di settore, perché gli sviluppatori si ritrovano a dover comprimere in poco tempo il lavoro di mesi per far sì che un gioco esca senza ritardi, altrimenti rischiano il licenziamento. Situazioni note agli addetti ai lavori e alla stampa, che però sono lontane da una risoluzione ottimale a causa della mancanza di sindacati. In Occidente esistono tentativi virtuosi di associazioni che danno il loro supporto agli sviluppatori invischiati nei disagi sopramenzionati. L'esempio più celebre è la Game Workers Unite, attiva sia negli Stati Uniti che in Europa.
Recentemente la sua co-fondatrice, Emma Kinema, ha avviato una campagna per dare un'organizzazione sindacale ai lavoratori della game industry. Tale campagna vede anche l'appoggio del Communications Workers of America (CWA), il più grande sindacato delle comunicazioni e dei media negli Stati Uniti che comprende circa 700 mila iscritti, tra impiegati del settore pubblico e privato. Il presidente del CWA, Chris Shelton, supporta la campagna per dare aiuto alla categoria degli sviluppatori tramite le loro risorse ed esperienze sul campo dei diritti del lavoro. "Le aziende del settore tecnologico e dei giochi hanno evitato la responsabilità per troppo tempo", afferma Shelton tramite il portale ufficiale del CWA, per poi proseguire: "I lavoratori di queste aziende stanno svelando la realtà dietro la retorica, e questa iniziativa aiuterà gli impiegati tech e game a raggiungere il livello successivo nei loro sforzi di far valere i propri diritti".
Qualcosa dunque comincia a muoversi in Occidente, concretamente, per dare un sostegno tangibile a quei lavoratori lasciati soli ad affrontare molestie, ricatti e turni di lavoro massacranti. Quanto riportato sinora dimostra la presa di coscienza verso fenomeni oramai sedimentati nella game industry e che per questo devono essere debellati, oltre a rafforzare la necessità di tutelare legalmente la categoria di lavoratori di riferimento.