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Opinioni

Fa chiudere un giornale, poi dona i soldi a Trump: la storia di Peter Thiel

Dalla chiusura della testata americana Gawker al supporto della campagna di Donald Trump, la storia di Peter Thiel sottolinea continuamente la sua anima controcorrente rispetto ad una Silicon Valley fortemente schierata con la Clinton.
A cura di Marco Paretti
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peter thiel donald trump

1 milione e 250.000 dollari a Donald Trump. 10 milioni di dollari per chiudere una testata giornalistica. Sono i numeri dell'altra faccia della medaglia tecnologica che è la Silicon Valley, quasi totalmente schierata dalla parte della candidata democratica Hillary Clinton ma che non risparmia qualche endorsement anche per l'avversario Trump. Come quello di Peter Thiel, co-fondatore di PayPal e uno dei primi investitori di Facebook, che negli ultimi anni ha foraggiato nell'ombra una battaglia legale che ha portato alla chiusura della testata Gawker.com, provocando forti critiche a quella che per molti è stata l'attuazione di una vendetta portata a termine con una censura forzata.

Lo scontro tra la testata Gawker e Thiel inizia nel 2007, quando il giornale americano pubblica un articolo nel quale svela l'omosessualità del magnate. "Gente, Peter Thiel è assolutamente gay" titola il pezzo che secondo fonti vicine all'investitore ha lasciato il segno nella sua vita e lo ha convinto a perseguitare legalmente l'azienda negli anni successivi. Nel 2009 Thiel paragona Volleywag, la testata di Gawker dedicata alla Silicon Valley, ad Al Qaeda, definendo i giornalisti come "dei terroristi che passano la loro vita a criticare gli altri". Negli anni successivi Gawker e Volleywag pubblicano diversi articoli su Thiel e altre figure importanti della Silicon Valley.

gawker thiel

Nel 2012 Gawker pubblica un video che mostra un rapporto sessuale tra il lottatore Hulk Hogan e l'ex moglie di un suo amico, Heather Clem. L'articolo raccoglie oltre 7 milioni di visualizzazioni e dà il via ad una battaglia legale tra Gawker e Hogan, che chiede 100 milioni di dollari di danni all'azienda, al CEO Nick Denton e al giornalista AJ Daulerio, autore dell'articolo. A marzo del 2016 un tribunale della Florida condanna Gawker al pagamento di 140 milioni di dollari e il legale di Hogan, Charles Harder, scrive su Hollywood Reporter che "il verdetto invia un messaggio ai siti web irresponsabili: pensate due volte prima di invadere la privacy di qualcuno e violare i loro diritti".

Due mesi dopo il verdetto, Forbes svela che Peter Thiel ha investito circa 10 milioni di dollari nella causa di Hogan contro Gawker come parte di una pratica legale chiamata "third-party litigation funding". La notizia spinge Facebook ad escludere Thiel dal consiglio di amministrazione. Gawker dichiara bancarotta a giugno e viene acquisita da Univision Communications ad agosto per 135 milioni di dollari. La nuova amministrazione, già proprietaria delle testate Fusion e The Onion, ha annunciato la chiusura di Gawker assicurando che le altre sei testate del gruppo, tra cui Jezebel, Gizmodo e Deadspin, continueranno ad operare.

peter thiel donald trump

Thiel ha sottolineato nuovamente la sua anima controcorrente nella Silicon Valley partecipando alla convention repubblicana, durante la quale ha supportato Donald Trump con un intervento sull'abbassamento degli stipendi e sulla necessità "di aggiustare il paese", e tramite un investimento di 1,25 milioni di dollari nei confronti della campagna di Trump. Una mossa che ha posizionato Thiel sulla (corta) lista di supporter di alto profilo del candidato repubblicano e in una posizione di netta contrapposizione rispetto alla maggioranza della Silicon Valley, che negli ultimi mesi non ha risparmiato il supporto alla Clinton.

Secondo Recode, l'industria tecnologica americana avrebbe investito circa 8 milioni di dollari nella campagna della Clinton: da Uber a LinkedIn, passando per Facebook, Netflix e AirBnb, diverse figure di spicco delle aziende tech hanno supportato economicamente la candidata democratica, anche in virtù delle continue critiche di Trump alle grandi aziende come Amazon e Apple, accusate di provocare un'emorragia di talenti nell'industria tecnologica. Critiche che sembrano non spaventare Thiel, che ad oggi rappresenta l'unica figura di spicco della Silicon Valley a supporto di Trump.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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