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Facebook, ecco le (confusionarie) linee guida contro l’incitamento all’odio

A renderle pubbliche è la testa tedesca Süddeutsche Zeitung, che nel corso delle ultime settimane è entrata in possesso di alcuni documenti interni che tracciano le linee guida per la gestione dei contenuti che incitano all’odio.
A cura di Marco Paretti
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Confuse e disorganizzate. Così vengono definite le novità di Facebook che puntano a migliorare la gestione delle bufale e dei contenuti d'odio all'interno del social network. A sottolinearlo è la testa tedesca Süddeutsche Zeitung, che nel corso delle ultime settimane è entrata in possesso di alcuni documenti interni che tracciano le linee guida per la gestione di questi contenuti da parte del team di persone dedicato alla moderazione. I testi arrivano dalla sede di Berlino, dove in questo team lavorano oltre 600 persone. L'approccio è teoricamente corretto e prevede la messa al bando di tutti i contenuti denigratori nei confronti di razza, religione, cultura, orientamento sessuale e le altre categorie considerate potete da Facebook. Il Problema, però, è quando i post non riguardano queste realtà.

Gli insulti contro i musulmani, per esempio, vengono cancellati dal team di moderazione perché relativi ad una categoria protetta. Gli insulti verso i migranti, però, non vengono toccati perché indirizzati ad una categoria ancora esclusa dalla "protezione" di Facebook. È in questi casi che le linee guida del colosso di Menlo Park mostrano grandi debolezze: attualmente il sistema prevede una categorizzazione in base alle parole presenti nei post, quindi se una frase contiene delle parole appartenenti alle categorie protette il post può essere rimosso dal team, ma se si affiancano un termine protetto e uno non protetto la frase non può essere eliminata. Così un insulto alle "donne italiane" è punito, mentre uno alle "adolescenti italiane" no, perché il primo termine non rientra in quelli protetti.

Lo stesso approccio caratterizza i migranti, che rientrano in una categoria "quasi protetta". In breve, le linee guida permettono di insultare i migranti: si può scrivere "fan***o migranti" ma non "fan***o mussulmani". Oppure è accettato "i migranti sono sporchi" (dirty) ma non "i migranti sono sporco" (dirt). "Facebook non è il luogo della diffusione di messaggi di incitamento all'odio, del razzismo o della violenza" ha spiegato un portavoce di Facebook. "Noi valutiamo i contenuti segnalati molto seriamente e facciamo il nostro meglio per agire in modo giusto. Impariamo dagli esperti e continuiamo a ridefinire le nostre policy per rendere la nostra comunità sicura, soprattutto per le persone vulnerabili o soggette ad attacchi".

Leggendo tra i documenti si scopre quindi che le regole proteggono gli appartenenti ai gruppi religiosi ma non le religioni, i cittadini ma non i paesi. Non si possono criticare aspetto fisico e personalità, mentre tatuaggi e piercing sono permessi ma solo se non si invita a farseli a casa. Critiche e derisioni possono colpire chi è famoso, cioè chi ha più di 100.000 fan, è andato in televisione, fa dichiarazioni pubbliche o è stato menzionato più di 5 volte dalle testate nel corso degli ultimi due anni. Secondo la testata tedesca, i lavoratori dell'azienda esterna che si occupa del controllo dei contenuti, Arvato, devono controllare circa 2.000 post al giorno e hanno 8 secondi per decidere se un video deve essere rimosso o meno.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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