Facebook, il gigante dai piedi di argilla
Facebook e la Borsa, un sodalizio che sembra non voler decollare. Gli ultimi giorni per il social network sono stati drammatici dal punto di vista finanziario, con il titolo che ha toccato il minimo storico dei 19,05 dollari ad azione, la metà di quei 38 con cui la piattaforma aveva inaugurato il suo sbarco nell'alta finanza tre mesi fa. A far scendere ulteriormente il titolo ci ha pensato la scadenza del "lock up", ovvero il periodo di divieto di vendita di una grossa fetta di azioni del gruppo, che ha portato numerosi investitori ad offrire i propri pacchetti nella speranza di liberarsene prima di un ulteriore calo.
Così sono stati resi disponibili oltre 271 milioni di azioni, oltre la metà dei 470 milioni totali disponibili, il che ha provocato inevitabilmente un abbattimento del prezzo e un calo del titolo di altri 6,27 punti percentuali. Già nelle settimane precedenti le quotazioni di Facebook erano scese costantemente e la scadenza del divieto di vendita delle azioni ha fatto il resto, con gli investitori preoccupati di perdere più di quello che già è stato bruciato (basti pensare che solo Mark Zuckerberg ha perso oltre 1,6 miliardi di euro dal lancio della Ipo).
Torna così in auge la questione della monetizzazione, ovvero la reale capacità di Facebook di produrre guadagni, al netto della popolarità e del successo di cui indiscutibilmente gode, un problema che da molti osservatori era stato già sollevato prima ancora che il titolo arrivasse a Wall Street. D'altro canto dando uno sguardo ad altre compagnie hi-tech come Groupon o Zynga c'è da essere tutt'altro che ottimisti e di sicuro Facebook è stato il sito che ha attirato maggior scetticismo per quello che riguarda la solidità degli investimenti.
A conferma di ciò, a parte qualche breve guizzo, il titolo ha registrato un calo continuo fin dal primo giorno del suo lancio fino ad arrivare a dimezzare il suo valore, con un iter che sembra non promettere nulla di buono per il futuro. Il campo minato sembra essere quello mobile, con il traffico che secondo alcune previsioni dovrebbe superare quello tradizionale entro il prossimo anno e sul quale Facebook sembra arrancare con numerose difficoltà, soprattutto per quello che riguarda l'offerta pubblicitaria.
Molti inserzionisti poi sembrerebbero attratti da altri lidi, ritenendo la promozione sul social network di Menlo Park poco produttiva a fronte di costi sempre in aumento. Insomma non si può certo parlare della fine di Facebook ma certamente di un pesante ridimensionamento della sua capacità di produrre ricchezza, unico parametro che davvero conta nell'insidioso mondo di Wall Street e a meno di qualche repentina risalita la fuga di investitori potrebbe mutarsi in una vera e propria emorragia che lascerebbe spazio a scenari difficili da prevedere.