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Facebook (oggi) fa bene alle relazioni, ieri causava alienazione, domani chissà…

Pew Internet ha pubblicato un accurato studio sociologico-statistico che evidenzia la qualità delle relazioni sociali in base alla percentuale di utilizzo della rete (in generale) e dei social network (in particolare) con una speciale attenzione a Facebook. Ma secondo “eminenti studi”, fino a ieri il social network di Zuckerberg sembrava responsabile di alienazione, depressione e istinti omicidi. Dov’è la verità?
A cura di Anna Coluccino
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Sociologi e statistici sembrano non riuscire proprio a trovare un punto di accordo sul tema Facebook. Fino a ieri erano in molti a puntare il dito, a lanciare strali, a pronunciare anatemi (insomma, a scagliarsi) contro il social network di Mark Zuckerberg. Ora, secondo le ultime ricerche, pare che Facebook facci addirittura bene alle relazioni sociali.

Facebook è buono, Facebook è brutto, Facebook è cattivo. È uno e trino. È tutto e il suo contrario.

Dalla nascita ad oggi, il social network è stato accusato della qualunque. Ad un certo punto è sembrato persino fosse l'origine di ogni male: causava depressione, poteva condurre al suicidio (o all'omicidio, a seconda dei casi), devastava coppie "solidissime" portandole al divorzio, alienava gli utenti fino a renderli del tutto estranei al mondo e a loro stessi e -più di tutto- impoveriva i rapporti sociali. Insomma, Zuckerberg aveva inventato (senza saperlo) una delle più potenti armi di distruzione di massa o, come direbbe qualcuno, la più potente delle armi di distrazione di massa.

In realtà, come chiunque sa, è l'utilizzo che si fa di un medium a caratterizzarne l'essenza e -a giudicare dagli ultimi risvolti politici determinati dalla nascita e dall'utilizzo consapevole del web 2.0– ora come ora non mi lamenterei più di tanto.

Ma ora bando alla ciance e veniamo ai dati dell'ultimissima ricerca statistica che ha la pretesa di confutare tutto quanto si è detto finora su Facebook. Almeno fino a prova contraria. Fin quando, cioè, tra un paio di mesi non verrà pubblicato un nuovo studio che, magari, assegnerà al social network poteri ipnotici o, al contrario, curativi.

Studio sulle conseguenze dell'uso di social network

a cura di Pew Internet

Lo studio è stato effettuato su un campione di utenti statunitensi ai quali sono state poste una serie di domande secondo il classico modello dell'intervista strutturata. In base alle risposte offerte ai quesiti si è evinto che:

  • il 79% degli statunitensi adulti utilizza Internet;
  • il 47% degli statunitensi adulti usa almeno uno dei principali social network (Facebook, Twitter, LinkedIn);
  • oltre la metà di tutti gli utenti adulti dei social network ha oltre i 35 anni;
  • il 56% degli utenti dei social network è di sesso femminile;
  • oltre il 92% degli utenti dei social network  è su Facebook, il 29% utilizza MySpace, LinkedIn è utilizzato dal 18% e il 13% utilizza Twitter;
  • 15% degli utenti di Facebook aggiornare il proprio stato tutti i giorni;
  • il 22% degli utenti Facebook commenta tutto i giorni altro post o stati;
  • 20% commentare tutti i giorni le foto di altri utenti;
  • il 26% segnala con il "Like" almeno un contenuto al giorno;
  • 10% inviare almeno un messaggio privato al giorno.

Sulla base di questi dati sull'utilizzo di Facebook (paragonato agli altri social network) si è applicato il metodo statistico dell'analisi regressiva, ovvero, la tecnica che viene applicata ogni qual volta è possibile "presumere" che vi sia dipendenza statistica fra una variabile aleatoria (come ad esempio il tipo e il numero di risposte ad un'intervista strutturata) di cui si vuole determinare il valore, e altre variabili il cui valore è noto. Lo scopo dell'analisi era quello di evidenziare le corrispondenze tra l'utilizzo di Facebook e il comportamento sociale mostrato dagli utenti più addicted. E si è scoperto che chi utilizza Facebook più volte al giorno ha:

  • il 43% di probabilità in più rispetto ad altri internauti (e il triplo delle probabilità in più rispetto a chi non utilizza il Web) di sentire una maggiore fiducia nel genere umano;
  • legami più forti con la propria rete sociale rispetto agli altri internauti;
  • maggiore capacità di supporto (sia emotivo che pratico) e maggiore inclinazione alla "compagnia" e all'amicizia rispetto sia agli altri utenti Internet, e ancor di più rispetto a color0 non utilizza la rete;
  • maggiore impegno politico;
  • tendenza a riscoprire vecchie relazioni amicali.

In buona sostanza, stando a quando dichiarato da Pew Internet, l'utilizzo di Facebook sarebbe tutt'altro che dannoso, anzi (al contrario) fornirebbe un notevole corredo di positività.

Conclusioni

Tra chi la vuole e chi la vuole cruda c'è anche chi sostiene che di Facebook si parli così male di modo che (spinto da un certo spirito di contraddizione) gli utenti desiderino utilizzarlo ancor più intensamente… Il tutto in nome di non si sa quale presupposta voglia di "disobbedire all'ordine costituito" o di fare il contrario di ciò che sarebbe logico fare (mah…). Tra questi, spiccano coloro che sostengono che Facebook sia una "macchina per lo spionaggio" ideata dal governo degli Stati Uniti per schedare tutti gli esseri umani del pianeta. Uno dei  sostenitori di questa teoria è nientemeno che Julian Assange, amato e odiato papà di Wikileaks che ha fatto della verità un vessillo e che, ancora oggi, vive sotto l'assedio dei governi dei principali stati industrializzato che poco hanno gradito la veemenza con cui ha condotto la sua battaglia per la verità.

Stavolta, però, quella di Assange è un'opinione personale. Un'opinione che non avrebbe nulla di fantascientifico e sarebbe anche plausibile se non fosse che, sinceramente, ritengo poco probabile che il governo USA sia interessato a conoscere quali siano i miei film preferiti, qual è il mio indirizzo mail e che cosa sto pensando. Di certo è interessato a conoscere questi dettagli della vita di Assange, ma se fossi Assange neppure io aprirei un profilo personale.

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