L'accusa per David Drummond, ex presidente del cda di Google Italia, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italia e Peter Fleischer, responsabile delle strategie della privacy per l'Europa di Google, era quella di violazione delle norme sulla privacy del 2003, per un video caricato in rete l'8 settembre del 2006 che mostrava un ragazzino affetto da autismo maltrattato da un compagno di classe, mentre un'altra decina di ragazzini lo deridevano e gli tiravano oggetti contro, fino a fargli cadere gli occhiali da vista e costringendolo a cercarli.
Dalla diffusione della clip aveva preso il via il primo procedimento penale, che aveva visto gli imputati condannati in primo grado (il 24 febbraio 2010) a sei mesi di reclusione con la condizionale. Condanna alla quale seguì il proscioglimento da parte della Suprema Corte, che arrivò il 21 dicembre del 2012 "perché il fatto non sussisteva".
Nella sua requisitoria Mario Fraticelli, sostituto procuratore generale, aveva chiesto l'annullamento con rinvio dei proscioglimenti, affermando che "la stessa sentenza della Corte d'Appello scrive che i tre imputati avevano trattato il video e avrebbero avuto la possibilità di prendere visione dei contenuti". "Non si può pensare che chi offre un servizio su una piattaforma poi non si occupi di quello che viene caricato" – ha sostenuto il Procuratore Generale – "Questo era uno dei video più visualizzati!".
Dopo anni, si chiude un caso che sarebbe andato in prescrizione tra pochi mesi (l'8 marzo 2014). La terza sezione penale della Cassazione ha deciso di confermare l'assoluzione della Suprema Corte: tra circa un mese saranno rese note le motivazioni del verdetto, che in molti attendono anche per riuscire a capire – una volta per tutte – quali sono gli ambiti di responsabilità, o meno, dei motori di ricerca per i contenuti che indicizzano.