Nel corso degli ultimi giorni Google è stato nuovamente criticato per la scelta di non indicare la Palestina all'interno del suo servizio Maps, che da sempre mostra solo una mappa vuota delle zone della Cisgiordania e Gaza senza riportare riferimenti testuali alla Palestina. Le aree di Israele, Giordania, Libano ed Egitto vengono invece segnalate correttamente all'interno delle mappe. Il difficile rapporto tra Google e la Palestina procede ormai da diversi anni: il colosso di Mountain View non ha infatti cancellato il nome dalle mappe, come invece riportato da alcune testate estere, ma non l'ha mai inserito, generando forti critiche che proseguono ormai da diverso tempo.
L'ultima polemica la riporta il Middle East Monitor, che indica come il Forum dei giornalisti palestinesi abbia pubblicato una protesta contro Google "per aver cancellato dalle sue carte geografiche il nome della Palestina e per averlo rimpiazzato con quello di Israele". In realtà Big G non ha eliminato il nome, semplicemente non l'ha mai inserito nonostante le numerose proteste che, tramite una veloce ricerca su Google, dimostrano la totale assenza della Palestina da Google Maps fin dalla pubblicazione del servizio. Secondo il Forum, invece, il 25 luglio sarebbe stato eliminato come parte dei "piani di Israele di fissare il proprio nome come Stato legittimo nelle generazioni a venire ed abolire per sempre quello della Palestina".
La notizia riporta anche una petizione di sostegno a quota 140.000 firme, che però non può essere relativa alla protesta del Forum dei giornalisti: la sua creazione risale a 5 mesi fa, quando aveva raccolto 25.000 adesioni nel giro di pochi giorni, per poi fermarsi. Il link a Change.org è tornato a circolare insieme alla notizia della presunta cancellazione della regione da Maps nel corso degli ultimi giorni, consentendogli di raggiungere e superare le 100.000 firme di supporto. In realtà proprio questa petizione dimostra che la Palestina non è mai stata inserita all'interno del servizio di navigazione di Google, che a causa di questa scelta è stato criticato numerose volte in passato.
Un'apertura nei confronti della regione e del riconoscimento della Palestina in quanto stato "osservatore e non membro" – come sottolineato da una votazione dell'Onu – sembrava essere arrivata nel 2013, quando l'intestazione dell'homepage del motore di ricerca è stata modificata da "Territori palestinesi" a "Palestina". Una scelta che fece infuriare Israele e gioire i sostenitori della creazione di uno Stato palestinese. Il passo successivo sarebbe dovuto essere proprio quello di inserire la Palestina anche all'interno di Google Maps, come sottolineato anche dal consigliere del presidente palestinese per Internet e le telecomunicazioni, Sabri Saïdam: "È un risultato positivo, ora speriamo che Google Maps inizi anche a mostrare al mondo i territori confiscati da Israele".
Territori che, però, sono sempre rimasti vuoti o indicati dal nome "Israele". Allo stresso modo, il rapporto tra Google Maps e i territori della Palestina è sempre stato piuttosto complesso, con autocompletamenti delle ricerche poco funzionali e indicazioni stradali del tutto errate. Il problema principale è che all'interno delle mappe di Big G mancano molte strade della Palestina e i tragitti consigliati portano spesso in zone pericolose o su strade che non è possibile percorrere perché vietate ai palestinesi o agli israeliani. Se prendiamo come esempio il percorso tra Ramallah e Nablus, notiamo subito che il servizio di mappe ci propone un percorso di circa 4 ore che esce dalla Palestina e sconfina in Israele, accedendo a strade che lo stesso Google indica come "a traffico limitato o private".
In breve, se sei Palestinese e segui le indicazioni di Big G finisci su strade dove puoi rischiare la vita. Lo stesso vale per gli Israeliani, che potrebbero trovarsi davanti a cartelli dove viene chiaramente detto che percorrere quella strada "può essere pericoloso per la propria vita e contro la legge di Israele". In realtà, nonostante Google Maps non lo riporti, tra Ramallah e Nablus è presente una strada che in 40 minuti unisce le due città, anche in taxi. Un ulteriore segno che il problema non è solo la mancanza del nome Palestina in Google Maps, ma anche e soprattutto una ben più grande – e potenzialmente dannosa – approssimazione delle mappe vere e proprie.