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Opinioni

Google, Microsoft e Amazon pagano per aggirare Adblock

Google, Amazon e Microsoft pagano la startup tedesca responsabile dello sviluppo di Adblock Plus, il software di blocco dei banner pubblicitari più utilizzato al mondo, per non farsi censurare gli annunci proprietari.
A cura di Marco Paretti
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Google, Amazon e Microsoft pagano la startup tedesca responsabile dello sviluppo di Adblock Plus, il software di blocco dei banner pubblicitari più utilizzato al mondo, per non farsi censurare gli annunci proprietari. L'accordo, confidenziale ma svelato dal Financial Times, dimostra che tre tra le più grandi aziende impegnate nel settore dell'adv online vedono come un grosso problema il blocco degli annunci. In questo Adblock è diventato uno dei player di riferimento, con estensioni gratuite disponibili per tutti i principali browser in grado di porre fine alle distrazioni dei banner.

L'azienda che sviluppa il software, Eyeo, ha spiegato di aver registrato oltre 300 milioni di download in tutto il mondo e di avere 50 milioni di utenti attivi ogni mese. Dall'altro lato della barricata ci sono le aziende responsabili degli annunci pubblicitari, che ovviamente vedono questo trend in crescita come una grave minaccia e hanno più volte avvertito la startup di voler procedere con pesanti azioni legali. Eyeo monetizza il suo software grazie ad una whitelist contenente alcuni annunci non bloccati e che quindi vengono mostrati anche agli utenti che hanno installato l'estensione. Per accedere a questa lista, le aziende devono possedere dei requisiti come la trasparenza e la discrezione. Insomma, si deve capire che si tratta di una pubblicità e questa non deve infastidire la lettura di una pagina.

Questo processo è gratuito per i piccoli siti e blog, mentre alle grandi aziende viene richiesta una somma di denaro (non specificata) per poter rendere sempre disponibili i propri banner. Una fonte del Financial Times ha affermato di essersi vista chiedere il 30% dei ricavi che avrebbe fatto con i banner se questi non fossero bloccati. Il problema è che l'azienda non definisce con linee nette la differenza tra annunci accettabili e non, con il rischio di far innervosire gli utenti. Che, a quel punto, potrebbero decidere di attivare l'opzione che oscura ogni banner – scavalcando anche la whitelist – o passando alla concorrenza.

Così colossi come Google, Amazon e Microsoft riescono a continuare a mostrare gli annunci all'interno dei portali, ma solo pagando per aggirare i blocchi del software. La questione sta facendo molto discutere anche perché un'altra realtà, Taboola, paga per mantenere attivi i propri banner. In questo caso le polemiche sono nate dal fatto che la piattaforma, utilizzata da realtà come MailOnline e Business Insider, mostra spesso annunci razzisti. Nonostante le proteste, però, a novembre Adblock ha deciso di inserire Taboola all'interno della lista di banner consentiti.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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