Avere un po’ di anni sulle spalle e aver già visto i mercati piroettare su e giù nel corso di qualche decennio comporta un vantaggio: non vi stupite più del fatto che i mercati azionari raramente si dimostrano così razionali come li vorrebbe la teoria. Di certo raramente si dimostrano così prevedibili come vorrebbero intermediari e investitori, in tutto il mondo.
Così quest’anno, che da come era iniziato sembrava poter essere uno di quelli da segnare sugli annali per Silicon Valley, col debutto “stellare” di LinkedIn (i 45 dollari del collocamento, più che raddoppiati nella prima seduta del 19 maggio scorso, sono tuttora un pavimento molto distante anche se il titolo è lontano dal record di 122,7 dollari, essendo ridisceso nel frattempo a poco meno di 81 dollari per azione) che sembrava solo l’antipasto in vista di ulteriori e più consistenti operazioni, a partire da Groupon e Zynga, in attesa della discesa sul listino di “sua maestà” Facebook.
LinkedIn nel secondo trimestre dell’anno ha generato 121 milioni di dollari di fatturato (più che doppio rispetto ai 54,9 milioni di un anno prima) e 4,5 milioni di utile (+4,8% rispetto ai 4,29 milioni di dodici mesi prima) a fronte di 115,8 milioni di utenti registrati (+61% su base annua) e 81,8 milioni di visitatori unici al mese (+83%), con 7,1 miliardi di pageviews mensili medie. Il che significa che all’attuale capitalizzazione di 7,4 miliardi il mercato valuta il titolo circa 15,3 volte il suo fatturato (ed oltre 411 volte i suoi utili su base annualizzata).
Multipli decisamente ghiotti, ma delle Ipo di Groupon e Zynga, nonostante il deposito delle relative richieste ufficiali alla Securities and Exchange Commission (Sec, l’autorità di controllo dei mercati finanziari americani), si sono perse per ora le tracce, mentre la creatura di Mark Zuckerberg sembra non avere alcuna fretta di confrontarsi col mercato. Il motivo, oltre alla volatilità esasperata dei mercati e alla scarsa propensione per il rischio di molti investitori, preoccupati per gli sviluppi della crisi del debito greco e per la possibile frenata economica tanto negli Stati Uniti quanto in Europa, sembra legato agli ultimi numeri comunicati dalle due società.
Groupon in particolare, ha dovuto rivedere nuovamente i conti su richieste della stessa Sec, tagliando il dato relativo al giro d’affari 2010 da 713,4 milioni a soli 312,9 milioni di dollari (ma non la perdita che per il primo trimestre resta pari a 253,9 milioni). Se si applicassero gli stessi multipli di LinkedIn la società potrebbe dunque valere attorno ai 4,8 miliardi di dollari di capitalizzazione, meno della metà dei 20-25 miliardi di cui si era parlato alla presentazione dell’Ipo (che sarebbe dovuta avvenire attraverso un aumento di capitale da 750 milioni di dollari) e meno persino dei 6 miliardi offerti lo scorso anno secondo la stampa da Google.
Dal canto suo Zynga ha visto i profitti dell’ultimo trimestre crollare del 95% rispetto ad un anno prima, passando dai 27,2 milioni di dollari segnati a fine giugno 2010 a soli 1,3 milioni di dollari quest’anno. Un fatto attribuito al forte incremento delle spese per assunzioni e marketing oltre che per lo sviluppo di nuovi giochi, che però non verranno lanciati prima della fine dell’anno dopo il debutto di Empire & Allies lo scorso giugno, a causa del calo di giocatori attivi, passati da 62 a 59 milioni mensili nel semestre (con lo stesse Empire & Allies sceso dai 45 milioni di giocatori mensili in luglio a 33 milioni in settembre, mentre Cityville, il maggior successo dello scorso anno, è calato dal record di 100 milioni di giocatori mensili a 72 milioni), in forte calo rispetto al “picco” di 215 milioni mensili di cui si parlava lo scorso giugno.
Ammesso che si sia trattato di un calo degli utili episodico, che la crescita del fatturato prosegua (i ricavi hanno toccato i 280 milioni di dollari nel secondo trimestre dell’anno dai 243 milioni dei primi tre mesi del 2011) e che pure il numero di utenti attivi torni a salire, quotandosi ora Zynga rischierebbe di valere nel complesso non più di 17 miliardi di dollari, a fronte di valutazioni ufficiose della società tra i 20 e i 25 miliardi di dollari lo scorso giugno (quando collocando un 10% si sarebbero potuti raccogliere oltre 2 miliardi di dollari). Decisamente tutta un’altra prospettiva sia per gli azionisti fondatori sia per i soci finanziari e gli intermediari che si erano offerti di curare l’operazione.
Oltre alle incertezze dei mercati finanziari e dello scenario macro qualcuno inizia a chiedersi se la crescita dei social media e di Zynga (e Groupon) in particolare sia sostenibile a lungo termine e quale possa essere la loro reale redditività una volta esaurita la fase di hype (quella stessa che aveva fatto esplodere nel 2007 la valutazione di Linden Lab, creatrice del mondo virtuale di Second Life, poi fortemente ridottasi anche a causa dello stallo registrato dalla crescita di quella piattaforma, rimasta un ambiente amato solo da una nicchia di utenti, per quanto "ricca").
I dubbi non mancano, visto che le vendite di beni virtuali e il social advertising mostra qualche segno di cedimento.