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Hacking Team, fatture e documenti smentiscono l’azienda: ha venduto software al Sudan

La questione dei clienti scomodi dell’Hacking Team, una delle aziende di sicurezza informatica più conosciute al mondo che pochi giorni fa ha subito una pesante violazione del proprio account Twitter, è stato uno degli elementi da subito sottolineato da testate e investigatori di tutto il mondo. In particolare, il rapporto con il Sudan è finito al centro della questione a causa delle continue dichiarazioni dell’azienda, poi smentite dai documenti rilasciati dagli hacker.
A cura di Marco Paretti
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hacking team iphone

La questione dei clienti scomodi dell'Hacking Team, una delle aziende di sicurezza informatica più conosciute al mondo che pochi giorni fa ha subito una pesante violazione del proprio account Twitter, è stato uno degli elementi da subito sottolineato da testate e investigatori di tutto il mondo. Al di là di realtà come servizi di intelligence, polizie, agenzie e ministeri, infatti, il team milanese vendeva il proprio software di spionaggio a paesi non troppo democratici come Uzbekistan, Marocco e Sudan. Ed è proprio su quest'ultimo che si sono concentrate le indagini nelle ultime ore, anche perché l'azienda nel frattempo parlava di documenti contraffatti e di rapporti mai esistiti.

Difficile difendersi, però, quando a saltare fuori da 400 GB di dati trafugati sono fatture indirizzate ai servizi di intelligence nazionale del Sudan. Una in particolare, datata 5 settembre 2012, indica chiaramente un contratto firmato il 29 giugno 2012 per la vendita del Remote Control System, cioè il software di monitoraggio che permette di accedere e controllare PC, smartphone e tablet da remoto. La fattura rappresenta il 50% del costo richiesto per l'utilizzo del programma e indica come cifra pagata 480 mila euro. "Nel 2012 il Sudan non faceva ancora parte della lista nera dell'ONU" ha spiegato Eric Rabe, il portavoce dell'Hacking Team. Certo, ma è altrettanto vero che, anche prima del 2012, il paese non era propriamente pulito e un software in grado di spiare dispositivi difficilmente è stato utilizzato a fin di bene.

fattura sudan

Peraltro altri documenti scovati nell'archivio dimostrano che i rapporti tra l'Hacking Team e il Sudan sono proseguiti fino al 2014, smontando di conseguenza tutta la difesa dell'azienda. D'altronde già nel 2014 l'ONU aveva investigato sui rapporti tra le due realtà, senza mai arrivare ad una conclusione certa: non era possibile confermare l'esistenza di eventuali rapporti e, non trattandosi di un'arma vera e propria, l'ONU non aveva l'autorità di fare domande. La fattura, però, conferma definitivamente che i contatti c'erano stati ed erano anche molteplici. Per cinque volte l'ONU ha chiesto all'azienda se avesse mai avuto contatti con il paese ma i responsabili non hanno mai risposto.

Un silenzio che, inevitabilmente, è esploso quando ieri hanno cominciato a circolare documenti e fatture che provano inequivocabilmente la presenza di rapporti tra il Sudan e l'Hacking Team, peraltro definiti – all'interno dei file – con un "Non ufficialmente supportato" che quindi potrebbe indicare il proseguimento dei rapporti anche oltre il 2014. Al tutto si aggiungono due mail di assistenza datate 15 gennaio 2014 nelle quali la realtà milanese offre supporto al Sudan proprio per quanto riguarda lo strumento di spionaggio. Difficile giustificare tutti questi contatti, anche a fronte delle dichiarazioni e smentite giunte negli scorsi giorni dal team di Milano, che negava ogni contatto con il paese successivo al 2012.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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