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I leader dei diritti civili: “Facebook non fa abbastanza contro la discriminazione”

Nel rapporto voluto dallo stesso social network e compilato nel corso di due anni da diversi leader nel campo dei diritti civili, Facebook viene accusato di non aver fatto abbastanza per impedire discriminazione, diffusione di odio online, protezione della tenuta dei processi democratici e diffusione di fake news.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Le decisioni prese da Facebook nella gestione della sua piattaforma hanno costituito un ostacolo per l'affermazione dei diritti civili. È una delle pesanti conclusioni alle quali è giunto un lungo rapporto di 89 pagine, stilato da un team di esperti e personalità del settore che nel corso degli ultimi due anni hanno messo Facebook sotto la lente di ingrandimento cercando di valutare l'impatto che il social ha avuto su discriminazione, diffusione dell'odio online, tenuta dei processi democratici e molto altro. Il contenuto del rapporto pubblicato in queste ore assume un valore ancora più significativo se si considera che gli autori sono stati selezionati dagli stessi vertici del social.

La speranza del social era in effetti che il documento sottolineasse gli sforzi fatti dalla piattaforma per trasformarsi in un ambiente meno tossico rispetto agli anni precedenti, e in questo senso il rapporto non ha mancato di riconoscere a Facebook quel che le spetta: alcune decisioni come quella di vietare gli annunci che incoraggiano gli utenti a non votare e le prese di posizione contro derive pericolose come gli annunci di affitto o di lavoro discriminatori sono state evidenziate e premiate. Al contempo però i leader dei diritti civili interpellati dal gruppo non hanno potuto non puntare il dito su alcune criticità presenti nel social che lo rendono pericoloso per il potenziale discriminatorio nei confronti di ampie categorie di utenti.

Una delle colpe più gravi attribuite a Facebook all'interno del rapporto è stata infatti quella di aver privilegiato la libera espressione degli utenti rispetto al principio di non discriminazione, e da questo punto di vista non potevano non finire sotto accusa gli interventi pubblicati ultimamente da Donald Trump sul social network. Nel mese di maggio un post del presidente degli Stati Uniti conteneva minacce e incitamento all'odio (ed è diventato celebre per essere stato limitato da Twitter ma non da Facebook) mentre altri due hanno facilitato la soppressione del diritto di voto.

Gli stessi autori del rapporto hanno tentato di far cambiare idea ai vertici di Facebook sull'opportunità dei lasciare online quegli stessi interventi, ma sono rimasti sostanzialmente inascoltati. In generale "In molti tra i promotori dei diritti civili sono finiti scoraggiati, frustrati e arrabbiati dopo anni di impegno durante i quali hanno chiesto insistentemente all'azienda di fare di più sul tema, pur continuando a garantire la libertà di espressione".

Un'altra accusa rivolta al social è stata quella di "aver compiuto scelte che lasciano le nostre elezioni esposte all'interferenza diretta degli interventi del Presidente e di altri attori pronti a utilizzare disinformazione e fake news per alimentare la confusione negli elettori o portarli a non votare". Il riferimento in questo caso è tra le altre cose alla decisione di non sottoporre a fack checking gli interventi dei politici, che possono così tentare di convincere gli elettori di vere e proprie falsità anche sullo stesso processo di voto.

È anche per questi motivi del resto che sempre più aziende stanno decidendo di boicottare il social interrompendo i rapporti commerciali con quest'ultimo. Per Facebook i risultati emersi dal rapporto non rappresentano un punto d'arrivo per gli sforzi compiuti dal social in fatto di diritti civili, ma un punto di partenza. "Per quanto sia doloroso prendere atto dei nostri limiti esposti in modo così chiaro dagli esperti, è stato senza dubbio un passaggio importante per la nostra azienda".

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