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I mille volti di The Witcher: tra romanzo, videogioco e serie TV su Netflix

Il successo di The Witcher nasce da un profondo miscuglio crossmediale, che lascia interagire letteratura, serialità televisiva, videogioco (e anche fumetto), ma non senza attriti. In occasione dell’uscita su Netflix della prima stagione della serie tv The Witcher, ripercorriamo l’evoluzione del brand e i suoi retroscena.
A cura di Lorena Rao
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Capelli argentei. Occhi gialli. Un fido destriero di nome Rutilia. Lo strigo Geralt di Rivia è pronto a fare il suo esordio anche nelle serie tv. Lo fa il 20 dicembre 2019, su Netflix, con The Witcher, serie fantasy ispirata ai romanzi di Andrzej Sapkowski, autore polacco. Un prodotto particolarmente atteso, nato con il successo in tasca, tanto da essere già stato definito il nuovo Trono di Spade, il fenomeno televisivo fantasy del decennio prodotto da HBO, anch’esso di derivazione letteraria, terminato quest’anno con la controversa ottava stagione. Tornando a The Witcher, Netflix ha persino annunciato una seconda stagione, ancor prima del suo debutto sulla piattaforma.

Da dove deriva questa grande fiducia nei confronti della serie? C’entra il cast, forse. In effetti, Geralt è interpretato da Henry Cavill, il Superman de "L’Uomo d’acciaio" di Zack Snyder (2013). Eppure non è questa la risposta corretta. L’attesa generata dalla serie tv deriva da un altro medium, ovvero il videogioco. Con la trilogia videoludica di The Witcher, cominciata nel 2007 e conclusasi nel 2015, la fama dello strigo ha superato i confini polacchi, investendo tutto il globo. Lo stesso Cavill ha affermato di essersi candidato per il ruolo di Geralt in quanto fan della trilogia sviluppata dal team polacco CD Projekt RED (lo stesso di Cyberpunk 2077), oltre che dei romanzi.

Il successo del brand The Witcher nasce da un profondo miscuglio crossmediale, che lascia interagire letteratura, serialità televisiva, videogioco (e anche fumetto), ma non senza attriti: lo dimostra l’astioso rapporto tra Sapkowski e il team di sviluppo. Ci addentriamo dunque nei retroscena che hanno reso grande il nome The Witcher tra i fenomeni della cultura pop.

Le origini di The Witcher: dal romanzo al videogioco

Che sia in forma di romanzo o videogioco, The Witcher ha come protagonista Geralt di Rivia, uno strigo, vale a dire un uccisore di mostri professionista modificato geneticamente. Durante le sue cacce, si ritroverà ad interagire con un corollario di personaggi dotati di enorme profondità, dietro ognuno dei quali si celano nebulosi intrighi, legati alla politica, all’amore, alla superbia. Un fantasy maturo, dai toni dark, partorito dalla mente di Sapkowski nel 1985 in occasione del concorso letterario di Fantastyka, una delle maggiori riviste fantascientifiche della Polonia. Il racconto non vinse, ma riuscì ad ottenere un buon seguito tra gli appassionati della rivista, a tal punto che l’autore continuò a scrivere altri racconti, in seguito raccolti in un’unica pubblicazione del 1990. Ad oggi sono stati pubblicati raccolte e romanzi, con l’ultimo arrivato in Italia nel 2016 con il titolo "La stagione delle tempeste".

Una carriera longeva quella di Sapkowski, cresciuta in parallelo all’uscita dei capitoli videoludici di The Witcher, che traggono solamente ispirazione dal mondo ideato dall’autore polacco, poiché raccontano vicende inedite di Geralt di Rivia. Al di là della rivelazione del primo capitolo, l’apice del successo è stato raggiunto con il capitolo conclusivo, The Witcher 3: Wild Hunt, nel 2015. Con esso la trilogia di CD Projekt Red entra di fatto nell’olimpo videoludico, con oltre 40 milioni di copie vendute.

Sapkowski contro CD Projekt Red

Quanto a Sapkowski, non ha mai reagito bene al successo del videogioco di The Witcher. In un’intervista del 2017 su Polityca, l’autore ha dichiarato una certa insofferenza nei confronti del lavoro svolto da CD Projekt Red perché “molti fan hanno iniziato a pensare che il videogioco sia venuto prima. Devo continuamente spiegare ai fan che ho scritto i libri dodici anni prima che il gioco fosse creato”, aggiungendo pure che gli sviluppatori hanno reso la sceneggiatura di The Witcher sciatta e priva di sentimento (fonte Multiplayer.it). In realtà, dietro tanto astio si cela il rancore di non percepire alcun diritto sulle vendite del videogioco, dato che all’epoca delle trattative Sapkowski firmò per avere subito la cifra intera, e non per i successivi profitti, poiché poco convinto del successo del videogioco. Lo smacco subito ha portato l’autore a fare causa (invano) alla casa di sviluppo per ricevere 16 milioni di dollari dai diritti di The Witcher.

The Witcher, la serie TV da oggi su Netflix

Una prova di poca lungimiranza e collaborazione, evitata con attenzione in occasione della serie tv. Nel caso di The Witcher di Netflix, Sapkowski gioca un ruolo di rilievo nel team creativo, così da preservare la fedeltà all’opera letteraria. La serie punterà sul trittico di personaggi composto dal già citato Geralt, la principessa Ciri (Freya Allan) e la strega Yennefer (Anya Chalotra), ed è in realtà ideata fino a 7 stagioni, secondo le ultime dichiarazioni di Lauren Schmidt Hissrich, showrunner già nota al pubblico per quanto fatto con le serie di Daredevil, The Defenders e Power. La prima e la seconda stagione saranno composte da 8 episodi della durata di 60 minuti, il che lascia presagire la struttura standard della serie tv. Ora c’è solo da capire se anche Netflix contribuirà alla fama di The Witcher, soprattutto con il beneplacito di Andrzej Sapkowski.

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