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Il Black Friday sta intasando i porti e le navi ferme ci stanno intossicando

Quest’anno la stagione degli acquisti si accompagna a una crisi della logistica che sta intasando porti e magazzini, e a rimetterci sono l’ambiente e la salute delle persone.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Il Black Friday è la giornata che inaugura le spese folli pre natalizie, ma quest'anno si accompagna a una situazione particolare: una crisi del settore della logistica scaturita dalla pandemia di coronavirus e dalle conseguenze che ha avuto sulla domanda e sull'offerta di merci in tutto il mondo. Componenti irreperibili, trasporti in ritardo e colossali ingorghi fuori dai porti e dagli hub di distribuzione sono destinati a intensificarsi con gli acquisti di milioni di persone nel mondo, ma in realtà sono già all'ordine del giorno da mesi e stanno avendo un effetto catastrorico sull'inquinamento delle aree interessate dal transito delle merci.

Ingorghi ovunque

Lo scenario non si è presentato improvvisamente grave negli ultimi giorni ma è il frutto di una situazione in divenire da mesi – ovvero dall'avvento della pandemia di coronavirus che ha contemporaneamente bloccato fabbriche, fatto scoprire il commercio online a milioni di persone e spinto parecchi verso l'acquisto di prodotti utili per il mondo pandemico e post-pandemico. Lo squilibrio tra un'offerta di merci in difficoltà e una domanda in aumento e in continua evoluzione ha messo alle strette un sistema logistico le cui criticità sono emerse fin dalle prime settimane successive ai lockdown in tutto il mondo: prima con quella che è stata battezzata crisi dei chip, poi con quella degli imballaggi e infine con la consapevolezza che il problema aveva coinvolto l'intero sistema della distribuzione delle merci su scala globale, con porti rimasti chiusi per mesi e costretti ancora oggi a smaltire code di cargo in attesa da giorni.

L'effetto sull'ambiente

Proprio l'impossibilità di smistare le merci bloccate nei porti e negli altri luoghi di interscambio è al centro di un aumento dell'inquinamento rilevato negli ultimi mesi nelle zone interessate dal transito delle merci. Stando ai dati della California Air Resources Board riportati da The Verge, nel mese di ottobre le navi container nei soli porti statunitensi di Los Angeles e Long Beach hanno immesso nell'aria 50 tonnellate di ossidi di azoto al giorno, rispetto alle 30 prodotte nel periodo pre pandemico, più l'equivalente in polveri sottili di quanto prodotto normalmente da 100.000 camion diesel. Ciascuna nave resta infatti nei pressi del suo attracco previsto mediamente più di una settimana con i motori al minimo ma accesi, in attesa di poter essere scaricata e ripartire.

Il vento e il movimento delle merci verso i magazzini di stoccaggio sul territorio – continua la ricostruzione di The Verge – si occupa infine di spostare gas e particolati verso l'entroterra, influendo sulla salute delle comunità locali. Se è vero insomma che acquisti di massa e spedizioni globali hanno da sempre un impatto negativo su ambiente e salute, la situazione attuale ha fatto degenerare una situazione già in equilibrio precario e richiederebbe un'attenzione ancora maggiore nella scelta di quanto e cosa comprare per la stagione in arrivo.

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