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Così il blackout di WhatsApp ha bloccato per ore l’economia in Brasile

Il blackout che ha messo fuori gioco le tre piattaforme social del gruppo Facebook ha avuto effetti più gravi in alcune aree del pianeta: nel Paese sudamericano un intero settore dell’economia si basa su WhatsApp per attività commerciali e transazioni, e per ore è rimasto parzialmente bloccato dai disservizi.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Il blackout dei social di inizio ottobre ha lasciato per ore centinaia di milioni di utenti senza Facebook, Instagram e WhatsApp; il K.O. del servizio di messaggistica ha avuto però effetti particolarmente gravi rispetto a quello delle altre due piattaforme, soprattutto in aree dove le comunicazioni telefoniche non sono particolarmente utilizzate o a buon mercato. È accaduto in Brasile, dove migliaia di lavoratori, professionisti e aziende che contavano su WhatsApp per le loro attività hanno perso somme complessivamente incalcolabili proprio per non essere riusciti a mettersi in contatto per ore con colleghi, dipendenti e clienti.

La situazione in Brasile (e non solo)

Le testimonianze le ha raccolte recentemente la testata The Verge e si basano tutte sul fatto che in Brasile, così come avviene in molte altre aree nel mondo, WhatsApp è diventato il mezzo di comunicazione principale tra gli abitanti del Paese: il servizio è gratuito e i dati transitano su una Rete il cui accesso avviene pagando abbonamenti agli operatori che andrebbero comunque sottoscritti per navigare su Internet dal proprio telefono; al confronto insomma chiamate e SMS risultano costosi e negli anni hanno spinto milioni di persone tra le braccia del gruppo Facebook e della sua messaggistica. La situazione è simile a quella italiana, anche se con un tasso di adozione più ampio.

Travolta l'economia informale

A essere colpite durante il blackout social sono state imprese di pulizie, rider, corrieri, ristoranti e semplicemente cittadini che cercano di vendere oggetti che non usano più: tutte attività che fanno pesantemente leva su WhatsApp per contattare i clienti o farsi contattare da loro e organizzare gli affari in anticipo. Si tratta per lo più di settori commerciali appartenenti al dominio dell'economia informale, che in Brasile durante la pandemia è cresciuta fino a rappresentare il 40 percento del totale.

In questi casi, WhatsApp viene sfruttato in particolare per concordare pagamenti che altrimenti dovrebbero passare dai servizi di ecommerce o da altre piattaforme che chiedono commissioni. Non stupisce insomma che i problemi subiti da WhatsApp a inizio ottobre abbiano avuto un impatto concreto sulla vita di queste persone – che stando alle testimonianze raccolte in poche ore di blackout hanno perso i guadagni di svariati giorni di lavoro.

Al riguardo vanno però ribadite almeno due osservazioni che anni di utilizzo dell'app hanno probabilmente portato a dimenticare. La prima è che le responsabilità dei gestori in queste situazioni sono nulle, ovvero che non si può incolpare un servizio gratuito di non essere al 100 percento funzionante 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 come se fosse un'istituzione o un prodotto acquistato e in garanzia; l'unico modo efficace per far sentire la propria voce in merito sarebbe passare a un servizio concorrente. La seconda osservazione è che un servizio concorrente non esiste, o almeno non se si considerano le dimensioni di WhatsApp – più che quadruple rispetto alle avversarie Telegram e Signal; la piattaforma del gruppo Facebook gode di un immenso effetto network, per cui nessuno la abbandonerà mai senza la certezza che lo faranno anche tutti gli altri contatti.

Infrastruttura critica, azienda privata

Da questi due aspetti nasce il paradosso (che non è colpa degli utenti ma in un certo senso neppure di una multinazionale la cui natura è espandersi e crescere secondo le regole del mercato globale): la piattaforma WhatsApp è diventata talmente ampia da potersi considerare in alcuni Paesi al pari di una infrastruttura critica, anche se è a tutti gli effetti il prodotto di un'azienda privata che non opera nell'interesse delle persone, bensì degli azionisti.

E se WhatsApp non smetterà mai di essere WhatsApp e cercare sempre più utenti a scapito dei servizi concorrenti, al momento non c'è nessuno che si assicuri che il blackout tecnico di un'app di messaggistica non abbia il potenziale distruttivo che ha oggi in molti Paesi. Gli iscritti possono solo tenere a mente che essere utenti di un servizio non significa averne il controllo né poter avanzare pretese su di esso, neanche quando arriverà il prossimo blackout.

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