Il diritto all’oblio non vale per gli esercizi commerciali: le recensioni online non si toccano
In Europa tutti i cittadini che desiderano scomparire dalla faccia della Rete hanno il diritto di farlo: salvo casi particolari le leggi vigenti nei Paesi dell'Unione assicurano a ciascuno il diritto all'oblio, ovvero la possibilità di far rimuovere dal web le informazioni inerenti alla propria persona ospitate sui siti di società, portali e motori di ricerca. Lo stesso principio che vale per le persone fisiche però potrebbe non valere — almeno in Italia — per gli esercizi commericali: a stabilirlo in questi giorni è stata una decisione del tribunale di Roma, secondo la quale ristoranti, negozi e attività commerciali non possono evitare di convivere con la propria reputazione online, sancita dalle recensioni dei frequentatori di portali come Google, Tripadvisor e molti altri.
La storia che ha dato origine alla sentenza è quella di un chirurgo plastico di Roma che si è trovato protagonista di alcune recensioni negative pubblicate sul motore di ricerca Google, all'interno della scheda relativa alla propria attività. Dopo aver richiesto la rimozione della scheda o per lo meno delle recensioni in oggetto, il professionista ha fatto causa alla casa di Mountain View per forzarla a prendere provvedimenti. Il tribunale ha però rigettato la richiesta, motivando la decisione con una contrapposizione netta tra il diritto all'oblio del chirurgo e il diritto di critica degli utenti: per il giudice "il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante e con toni aspri", e le recensioni negative non devono necessariamente essere rimosse dai portali che le ospitano.
Piattaforme di questo tipo sono affette da problemi non di poco conto: verificare la veridicità delle recensioni non è semplice, e gli algoritmi che dovrebbero fare piazza pulita dei commenti privi di fondamento non sono perfetti; di fatto, non è impossibile truffare i sistemi iniettando al loro interno recensioni positive o negative create ad arte. Queste critiche — legittime — non sono però di pertinenza della legge, che stando all'interpretazione data dal tribunale di Roma mette al primo posto il diritto del cittadino di criticare e di venire a conoscenza delle critiche portate ai prodotti o ai servizi ai quali sta per affidarsi.