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Il diritto all’oblio non vale per gli esercizi commerciali: le recensioni online non si toccano

Lo ha stabilito il tribunale di Roma, respingendo la richiesta di un chirurgo che ha fatto causa a Google per non aver rimosso alcune recensioni negative affiorate in Rete sulla sua attività. Per il giudice sul diritto all’oblio di un’attività commerciale vince il diritto di critica di un cittadino.
A cura di Lorenzo Longhitano
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In Europa tutti i cittadini che desiderano scomparire dalla faccia della Rete hanno il diritto di farlo: salvo casi particolari le leggi vigenti nei Paesi dell'Unione assicurano a ciascuno il diritto all'oblio, ovvero la possibilità di far rimuovere dal web le informazioni inerenti alla propria persona ospitate sui siti di società, portali e motori di ricerca. Lo stesso principio che vale per le persone fisiche però potrebbe non valere — almeno in Italia — per gli esercizi commericali: a stabilirlo in questi giorni è stata una decisione del tribunale di Roma, secondo la quale ristoranti, negozi e attività commerciali non possono evitare di convivere con la propria reputazione online, sancita dalle recensioni dei frequentatori di portali come Google, Tripadvisor e molti altri.

La storia che ha dato origine alla sentenza è quella di un chirurgo plastico di Roma che si è trovato protagonista di alcune recensioni negative pubblicate sul motore di ricerca Google, all'interno della scheda relativa alla propria attività. Dopo aver richiesto la rimozione della scheda o per lo meno delle recensioni in oggetto, il professionista ha fatto causa alla casa di Mountain View per forzarla a prendere provvedimenti. Il tribunale ha però rigettato la richiesta, motivando la decisione con una contrapposizione netta tra il diritto all'oblio del chirurgo e il diritto di critica degli utenti: per il giudice "il diritto di critica può essere esercitato anche in modo graffiante e con toni aspri", e le recensioni negative non devono necessariamente essere rimosse dai portali che le ospitano.

Piattaforme di questo tipo sono affette da problemi non di poco conto: verificare la veridicità delle recensioni non è semplice, e gli algoritmi che dovrebbero fare piazza pulita dei commenti privi di fondamento non sono perfetti; di fatto, non è impossibile truffare i sistemi iniettando al loro interno recensioni positive o negative create ad arte. Queste critiche — legittime — non sono però di pertinenza della legge, che stando all'interpretazione data dal tribunale di Roma mette al primo posto il diritto del cittadino di criticare e di venire a conoscenza delle critiche portate ai prodotti o ai servizi ai quali sta per affidarsi.

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