Il disservizio di Facebook ha mostrato come l’IA del social tagga le tue foto
Nella giornata di ieri un blackout parziale dei server del gruppo Facebook ha trasformato completamente le sue tre piattaforme più utilizzate: Facebook, Instagram e WhatsApp. Dal momento che i siti erano navigabili non si è trattato di un vero e proprio down, eppure i disagi non sono mancati: foto e contenuti multimediali sono rimasti inaccessibili, e in particolare — per chi si è collegato dal browser anziché dall'app — le immagini sui due social network hanno lasciato il posto a dei riquadri vuoti accompagnati da descrizioni testuali che nessuno ricorda di aver mai inserito. Il mistero però non è difficile da svelare.
Come funziona l'applicazione automatica delle descrizioni
Quella che milioni di utenti hanno involontariamente visto in azione non è altro che una caratteristica delle sue piattaforme che Facebook ha annunciato ormai anni fa. Dal 2016 infatti le foto presenti sui server vengono analizzate da un software di riconoscimento delle immagini basato su algoritmi di machine learning; il sistema riesce a riconoscere i singoli elementi presenti nelle foto e in alcuni casi a metterli in relazione tra loro per comprendere qualcosa in più sul contesto nel quale sono state scattate. Tutte queste informazioni vengono allegate alla foto quando viene visualizzata online ma non sono immediatamente visibili, anzi prendono posto in uno strato sottostante alla superficie normalmente occupata dall'immagine vera e propria.
Perché esiste una funzione simile
Ufficialmente l'applicazione automatica delle descrizioni è nata per questioni di accessibilità alla piattaforma: le stringhe di testo aiutano ipovedenti e non vedenti a capire cosa è presente nelle foto tramite specifici programmi addestrati a leggerle — e su siti basati principalmente sulle immagini si tratta di un aiuto non da poco. Come fanno notare in molti però, un'immagine può raccontare degli utenti più di quanto essi stessi non siano disposti a fare usando i like e le descrizioni sui propri profili. In una foto si nascondono amicizie e passioni per determinati prodotti o temi: un sistema capace di mettere nero su bianco queste connessioni potrebbe essere di grande aiuto a Facebook per capire come distribuire meglio le pubblicità dei suoi inserzionisti.
Sul fatto che Facebook utilizzi questo sistema a scopo pubblicitario in realtà non c'è certezza: considerato il modello di business del gruppo avrebbe senso estrarre tutte le informazioni possibile da ogni contenuto immesso dagli utenti, ma finora si è sempre trattato di ipotesi. Approfittando del blackout di ieri alcune testate come The Verge hanno chiesto a Facebook di dare qualche informazione in più al riguardo, ma il gruppo non ha ancora risposto.