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Il movimento Occupy nel Nord Italia visto dal Web – Inchiesta

Da Bologna a Milano, passando per Modena, Venezia e l’interessantissima esperienza di Trieste, la nostra inchiesta sul movimento Occupy in Italia approda nel Nord del paese e incontra alcuni tra i presidi più vivaci e operativi.
A cura di Anna Coluccino
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occupy italia nord

Ed eccoci giunti alla capolinea dell'inchiesta sul Movimento Occupy in Italia. Dopo aver analizzato le modalità comunicative e le iniziative messe in campo nei presidi attivi del Sud e del Centro, approdiamo a Nord, dove incrociamo numerose realtà, alcune delle quali risultano tra le esperienze più interessanti dell'intera penisola.

In generale, i movimenti del Nord Italia appaiono più consapevoli dell'importanza del Web e di quanto possa fare la differenza, nella logica di Occupy, un buon utilizzo dei social network. Il Nord, ad esempio, mostra un interesse più deciso nei confronti di Twitter, nel senso che -quanto meno- quasi tutti i presidi attivi si sono preoccupati di aprire un account sul sito di microblogging anche se -di fatto- pochi di loro lo hanno utilizzato al meglio.

Bologna – #occupybologna

occupy bologna

L'esperienza di #occupybologna è strettamente legata all'ambiente universitario, tanto che -in parallelo- il collettivo di riferimento è per l'appunto #occupyunibo.

Bologna è stata una delle prime città italiane a partire con un presidio attivo ma, a giudicare dall'immagine che ne restituisce la rete, le bocce sono ferme da almeno un mese. Quindi le cose sono due: o il movimento è in stand by, oppure ha smesso di confrontarsi con il Web, ha smesso di raccontarsi come faceva -straordinariamente- nelle prime settimane di vita.

Bologna, infatti, è stata una delle realtà più comunicative, con al suo attivo una pagina Facebook, una buona attività su Youtube e un profilo Twitter che, fino a un mese fa, era stato utilizzato con una certa costanza.

Ma al momento, fatta salava qualche iniziativa sporadica come lo sportello anti-debito, l'assemblea pubblica in occasione del passaggio per Bologna della marcia internazionale Nizza-Roma-Atene (di cui parliamo nella porzione dell'inchiesta riguardante il Centro Italia) e qualche laboratorio, #occupybologna sembra in fase di elaborazione. Probabilmente, molto dipende anche dal fatto che -essendo un'iniziativa prettamente universitaria- è costretta ad andare in pausa in corrispondenza degli esodi vacanzieri degli studenti migranti e, in generale, rischia di perdersi con l'avvicinarsi delle sessioni d'esame.

Ecco perché il movimento Occupy non dovrebbe mai connotarsi come proprietà esclusiva di un gruppo organizzato, un partito, un'associazione o anche solo un nucleo di persone che si riconoscono in una data età anagrafica o professione. Il movimento è forte se è quanto più possibile trasversale, se abbraccia generazioni ed esperienze diverse e non si limita alla pur importantissima realtà studentesca.

Modena – #occupymodena

occupy modena

Come tutte le esperienze di "provincia" anche #occupymodena si distingue per la capacità di resistere e di agire in maniera quasi quotidiana. Pur non avendo mai avuto un presidio esterno, #occupymodena usufruisce dello Spazio Guernica per le sue attività. Gli occupanti modenesi, in particolare, si confrontano da mesi sulle tematiche della crisi finanziaria, sul senso del movimento, sul precariato e sulle caste ed hanno una spiccata matrice studentesca.

Tra l'altro, più che in altre città, a Modena l'azione di Occupy ha innescato una reazione a catena all'interno delle scuole medie superiori che hanno vissuto periodi più o meno lunghi di occupazione, relazionandosi in maniera diretta e partecipata al movimento.

Riguardo alla comunicazione via web #occupymodena si serve abbastanza bene di Facebook, su cui ha un account personale, e si serve in maniera continuativa anche di Twitter, senza però sfruttare a pieno le potenzialità né dell'uno né dell'altro.

Assenti filmati, streaming video o altri strumenti multimediali, a dimostrazione del fatto che -in generale- l'Italia non è stata ancora in grado di recepire a pieno le potenzialità della rete.

Venezia – #occupyvenezia

occupy venezia

L'esperienza veneziana è cominciata l'11/11/11 con l'occupazione dello spazio antistante la Banca D'Italia ed è continuata il 17 novembre, giornata in cui l'occupazione si è concentrata in uno degli spazi culturali più importanti del mondo La Biennale. L'intento -come spiegato nel comunicato che vi proponiamo di seguito- era quello di rivendicare il libero accesso alla cultura e, in quella giornata, #occupyvenezia si è mosso molto bene, anche a livello di comunicazione via Web. Moltissimi i video della giornata, le foto, gli aggiornamenti tramite la pagina Facebook del movimento.

Ma -a parte la significativa giornata del 17- il movimento sembra aver fatto pochi passi in avanti. La rete restituisce l'immagine di un collettivo che si riunisce di tanto in tanto e organizza qualche evento, come ad esempio l'#oppupyParty, ma senza una continuità e una maturazione politica  particolarmente rilevanti.

Primo comunicato stampa – Annuncio dell'occupazione alla Biennale

Nella giornata mondiale del diritto allo studio #occupyvenice ha scelto di rivendicare il libero accesso alla cultura e di "occupare il mondo".

Come studenti, costretti a stage non pagati, ed operatori del contemporaneo, precarizzati, prendiamo una posizione chiara contro la logica finanziaria alla base dell'economia creativa. Una logica che produce ricchezza, nelle mani di pochi, utilizzando gli immaginari critici prodotti dai nostri corpi, dai nostri pensieri, dalle nostre mobilitazioni e dal nostro lavoro.

A Venezia ciò che meglio rappresenta le contraddizioni della sfera artistica e della formazione è l'istituzione Biennale.
Saremo in Biennale perchè la Biennale è nostra, perchè se la speculazione finanziaria deve finire, altrettanto dovrà succedere alla speculazione culturale.

E' il sistema ad essere in debito con noi e non viceversa. Semplicemente ci riappropriamo di ciò che è nostro.

Saremo in Biennale anche per sovvertirne la cartografia. I singoli padiglioni nazionali subiranno una trasformazione, non più vetrina artistica, bensì megafoni della protesta globale che in tutto il mondo sta portando la gente in strada con molti ragioni, ma con un unico scopo: cambiare e farla finita con la dittatura finanziaria.

Vi aspettiamo tutti alle 11 davanti ai giardini della Biennale

#occupytogether
#occupytheworld
JOIN US
we are the 99%

Trieste – #occupytrieste

occupy trieste

E ora veniamo a quella che -probabilmente- è l'esperienza più forte, resistente, significativa del panorama Occupy Italia: #occupytrieste.

Quella dell'occupazione triestina è una storia lunga e travagliata, e forse anche per questo più partecipata e viva della altre. Gli occupanti friulani, infatti, hanno dovuto fin da subito fronteggiare la repressione della polizia che, il 25 ottobre, ha impedito agli studenti di occupare le scuole. Moltissimi gli scontri e non solo in quell'occasione. Il 28 ottobre il movimento stabilisce il suo presidio a Piazza dell'Unità, dopo cinque giorni la Digos torna alla carica, con l'intenzione di sgomberare il presidio, ma si trova davanti un ostacolo inaspettato: la città.

I cittadini triestini si schierano con gli occupanti e insieme impediscono lo sgombero della piazza.

Da quel momento in poi, nonostante i ripetuti scontri con le forze dell'ordine, il movimento cresce: viene occupata Piazza della Borsa, poi l'ex sede del Banco di Napoli, poi uno stabile di proprietà della Provincia, poi un ufficio in cui si è stabilito lo sportello anti-crisi (il Bu.S.O. – BUco Sociale Occupato), poi un nuovo spazio ribattezzato Casa delle Culture. Il 16 dicembre l'ultimo sgombero, ma il movimento continua a rafforzarsi. Il tutto in un'insaziabile e sempre crescente desiderio di agire per il bene comune.

L'attività dei triestini è frenetica: assemblee, laboratori, seminari, flash mob, azioni dimostrative e di conquista, il tutto comunicato con buona accuratezza attraverso il web. La pagina Facebook è ben utilizzata, con aggiornamenti giornalieri e un ottimo livello di partecipazione anche da parte di chi non segue gli eventi dall'interno ma sostiene la causa. Ottima anche la presenza su Youtube; il movimento ha aperto un canale video dedicato che contiene ben 41 filamto e attraverso cui è possibile tracciare la cronistoria del movimento e rendersi conto del grande livello di partecipazione.

Il collettivo è inoltre presente anche su Twitter, ma traspare il disinteresse pressoché totale a utilizzare seriamente questa risorsa.

Trieste, comunque, manifesta d'avere una marcia in più anche nel campo della comunicazione via Web, è tra i pochissimi collettivi -infatti- a essersi dotato di un canale di comunicazione attivo e immediato con il movimento o -per farla breve- una chat.

Occorre tener presente che non tutti possono seguire l'evolversi degli eventi tramite Facebook, ci sono persone che non desiderano entrare in alcuna rete sociale e appare perciò doveroso pensare a uno strumento di comunicazione parallelo a quello dei social network.

Di fatto gli occupanti triestini hanno saputo dar vita a un movimento real-virtuale in cui tutte le componenti concorrono ad alimentare fruttuosamente un progetto che, non a caso, risulta a tutt'oggi uno dei più riusciti.

Trieste – #occupytrieste

La Clown Army invade giocosamente la città friulana

Banditi nella strada, le stelle vogliono vedere (18/12/11)

Decine di carabinieri, poliziotti e d.i.g.o.s. per impedire un concerto degli Assalti Frontali sembra la narrazione di un delirio. Lo è. Ed è quel che è successo a Trieste sabato 17/12/11.
Dopo lo sgombero dello spazio sociale occupato, #occupytrieste voleva fare una taz all'ex cinema Alcione, chiuso da due anni e abbandonato.
E davanti c'era una città blindata.

E voi cosa fareste? ..OccupyTrieste!
Perché se il vento urla contro
io urlo contro il vento 

prima di sgomberarci sgombratevi il cervello
noi siamo la comunità toglietevi il cappello

Noi volevamo dire "in alto la mia banda di fronte a tanta merda", di fronte ai morti ammazzati dal lavoro e dai fascisti mannari, volevamo dire "uno spazio me lo merito", volevamo dire "i banchieri fanno crack"..

la città è avvelenata
ma non ci ha mai distrutti 

Noi volevamo che in ballo ci fossero i corpi, ma ormai in ballo c'era altro.
Ci stavano dicendo che nella nostra città, nel nostro paese, nel nostro mondo non può succedere nulla – per quanto giusto, bello, legittimo – al di fuori dei binari già decisi, pena le mazzate.
Ma a noi piace deragliare.
Ci stavano dicendo che è impossibile riconquistarsi pacificamente qualsiasi alternativa, che sia politica o sia al business, del divertimento, dei beni comuni, della casa. Di ogni cosa.
Ma noi abbiamo un'idea diversa: non è questa la democrazia che ci meritiamo.
E anche pensiamo che si può quel che si fa, e non quello che ordinano i manganelli.

Allora, poiché ognun@ di noi può ben dire

I miei amici, lo so, sono strani
fanno sempre, lo so, gran casini
sono questi che ho, sono pazzi 

quando poi li credi vinti, li ritrovi felici 
hanno la rivoluzione dentro e si vede fuori
chissà cosa gira in mente mò a questi artisti
sono loro a dare luce a tempi tristi 

e ora dove stanno, dove staranno
e che ne so in giro a fare qualche danno

Ci siamo detti

Di è questa strada? È la nostra strada!

E allora abbiamo deciso: di nuovo in strada!

Noi ribelli on the street portiamo il pathos contro lo shock!
solo chi lotta può vincere lo shock 
due casse in mezzo al parco, microfoni, all'assalto 

E lo abbiamo fatto. Noi, 500 persone e gli Assalti Frontali, accompagnati da Dj COlor e Sandro Su, generosi, caldi e magnifici come

le stelle che questa notte restano aggrappate
non vogliono cadere, vogliono vedere.

500 persone, e in alcuni momenti anche di più, hanno invaso Piazza Unità e le strade del centro in una street parade cantando forte
daje forte ,daje, perchè avere vent'anni è avere sogni grandi 
anzi, cantando in triestino: daghe, daghe, daghe.
in alto la mia banda
di fronte a tanta merda
vedi com'è poetica questa faccenda

Ci avevano banditi, e ci siamo comportati da banditi.

Banditi nella strada, nella notte cupa e avara
fatevi sentire che la notte si rischiara

Ed è successo quello che ci siamo conquistati: la nostra sicurezza è la nostra volontà.
E la nostra volontà è che la libertà è tutto.
E uno spazio me lo merito e me lo occupo tutto subito!

Libero tra i liberi, povero tra i poveri 
niente che mi rimproveri se non di essere uomini l
la vita mi fa ricco, la vita mi fa ricco 
siamo la strada che resiste, la strada che insiste assalti sound system 
mentre i banchieri fanno crack gli economisti fanno flop
noi ribelli on the street

Milano – #occupymilano

occupy milano due

A differenza di molte delle realtà presentate, il movimento milanese si è mosso a ondate (particolare che condivide -a esempio- con la città di Napoli) a seguito di eventi programmati. Di fatto, non è mai esistito un presidio fisico all'aperto, o almeno non in forma continuativa -caratteristica essenziale del movimento, almeno nella sua fase iniziale- ma ci si è sempre mossi in base a precise iniziative. Tutto è cominciato, come a Roma, il 15 ottobre, il giorno della chiamata alla Global Revolution. In quell'occasione Milano si mobilitata moltissimo, come testimoniano i tantissimi filmati presenti su Youtube nel canale dedicato di #occupymilano.

L'attività sul web è stata molto rumorosa in corrispondenza dei vari eventi ma pressoché assente nei periodi in cui non c'erano iniziative in calendario, a parte il già citato canale Youtube, #occupymilano ha fatto buon uso anche di Twitter, sebbene gli aggiornamento dell'account siano fermi a più di un mese fa (15 novembre).

In buona sostanza, appare chiaro come le metropoli italiane trovino maggiore difficoltà ad organizzare momenti di aggregazione che abbiano il dono della quotidianità; da un lato a causa della maggiore offerta di spazi di aggregazione politica che -gioco forza- disperdono l'attivismo, frammentandolo in una miriade di lotte isolate, dall'altro per la scarsa tolleranza delle forze dell'ordine che -in una grande città- vedono l'ordine pubblico più minacciato che in provincia.

Altra esperienza da annoverare per quanto riguarda il Nord Italia ma, stranamente, non molto presente e comunicativa è #occupytorino che, a parte la manifestazione dell'11/11/11 quella del 17/11/11 e quella del 28/11/11 contro la giunta Fassino non ha più dato segni (virtuali) di vita.

Conclusioni

Al termine di questo breve viaggio all'interno della declinazione italiana del movimento Occupy, una cosa appare chiara: il nostro paese comincia a prendere coscienza della necessità di dotarsi del megafono internettiano, ma non pare ancora perfettamente in grado di padroneggiarlo, non ne sfrutta a pieno le potenzialità, non si pone davvero e seriamente l'obiettivo di collegarsi all'intero universo-mondo tramite la rete.

Ma il punto è che a vera rivoluzione del movimento Occupy dovrebbe essere proprio questa, far sì che ogni singola istanza di giustizia, ogni singola lotta per il bene comune attiva sul pianeta trovi il spazio all'interno del movimento che -sulla base di quattro, cinque principi inalienabili che fanno capo all'etica e agli obiettivi perseguiti- apre le sue porte a chiunque si senta 99%.

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