Il movimento Occupy nel Sud Italia visto dal Web – Inchiesta
Per cominciare lo studio sulle dinamiche d'azione e comunicazione via Web del movimento Occupy in Italia, abbiamo deciso di partire dal profondo sud e, per l'esattezza, dal primo presidio attivo che si incontra risalendo lo stivale partendo dalle coste tunisine; dal luogo in cui tutto è cominciato, da Ben Alì e dalla sua caduta, dall'estremo gesto di disperazione del fruttivendolo e attivista Mohamed Bouazizi che ha acceso la miccia della Primavera Araba uccidendo se stesso, per evidenziare le terribili condizioni economiche e politiche del suo paese.
È davanti all'anonimo palazzo di un governatore locale tunisino che comincia la storia che vi raccontiamo. E anche se prenderemo in considerazione la sola declinazione italiana del movimento, è bene tener sempre presente che la mobilitazione ha carattere globale e che sebbene l'Italia stia solo timidamente affacciandosi sulla piazza del Mondo nel tentativo di offrire il suo contributo, il movimento pare destinato alla durevolezza.
Ma ora è il momento di mostrare in cosa e chi ci si imbatte risalendo virtualmente lo stivale alla ricerca dei luoghi che -per primi- hanno intercettato il salvifico scirocco che sta contagiando il mondo.
Palermo – #occupymassimo
Seguendo l'immaginaria linea di collegamento mediterraneo che abbiamo tracciato, incontriamo il primo presidio attivo d'Italia a Palermo: unica città siciliana in cui sono riscontrabili tracce virtuali del movimento Occupy, ma il movimento cittadino non si identifica -non ancora- con la città tutta, quanto con un quartiere specifico. Ecco perché l'Occupy siciliano non prende il nome di Occupy Palermo ma di Occupy Massimo. La prima occupazione fatta di tende, corpi e voci, infatti, ha avuto luogo di fronte al Teatro Massimo Vittorio Emanuele, probabilmente sulla scia di quanto accade -da ormai sei mesi- al Teatro Valle a Roma.
L'occupazione è avvenuta il 17 novembre, giornata internazionale della mobilitazione studentesca che ha visto scendere in piazza milioni di studenti in tutto il mondo, tanto che gran parte dei presidi Occupy hanno preso corpo a partire dalle singole manifestazioni del 17/11.
L'accampata palermitana è durata poco più di due settimane. Al momento, è stata rimossa. Il movimento, però, sembra voler continuare a lavorare e pare intenzionato a costituirsi come "Occupy Palermo".
Nelle due settimane di lavoro gli occupanti si sono visti per parlare di crisi economica, musica, cinema, scuola, beni comuni, ma anche per agire sul piano locale contro, ad esempio, il caro trasporti. Tutto nel tentativo di risvegliare l'interesse di quel 99% che ancora non sa di essere 99%.
L'attività sul web consiste di un account "personale" e un gruppo aperto su Facebook, una web radio. Niente Twitter, niente Youtube per i palermitani, che riassumono nel seguente manifesto le loro intenzioni.
Manifesto – #occupymassimo
Occupy massimo è un’avventura collettiva iniziata il 17 novembre durante la giornata internazionale di mobilitazione studentesca, insieme a studenti, precari, lavoratori e disoccupati.
Occupy massimo è riappropriazione di uno spazio pubblico vitale e fondamentale come la piazza, per ricominciare ,da qui, a ricostruire relazioni e solidarietà sulle macerie sociali ed economiche provocate dalla dittatura della finanza.
Occupy massimo è un ragionamento collettivo su cosa è la crisi e su come si riuscirà ad andare oltre.
Occupy massimo è ricomposizione di classe, è volontà reale di ricompattare e far pesare quel 99% di sfruttati contro quell’1% di banchieri, lobby, politici che vogliono farci pagare i costi della crisi.
Occupy massimo non rientra dentro alcuna semplificazione giornalistica: indignados, violento, black block, figlio del sessantotto.
Occupy massimo non è il “copia incolla” di nessun movimento nato da qualche altra parte. La piazza sceglie le proprie pratiche partendo da ragionamenti sull’efficacia, l’opportunità e l’importanza delle azioni.
Occupy massimo è un salto in avanti: dopo la consapevolezza della propria situazione, le persone si riprendono il futuro. Finito il tempo della delega, si diventa artefici del proprio destino, senza aspettare il professore della Bocconi o l’ultima manovra economica che dà un po’ di speranza.
Ci si OCCUPA di ciò che ci hanno tolto.
Cosenza – #occupycosenza
Risalendo lo stivale, ci si imbatte in Occupy Cosenza, movimento da cui non giungono notizie recenti né riguardo la sua operatività né riguardo il suo smantellamento, l'attività via web del collettivo si limita ad un gruppo aperto su Facebook dal quale non filtrano moltissime informazioni riguardo le iniziative.
Come per molte altre realtà italiane, tutto è cominciato l'11 novembre, altra giornata di mobilitazione mondiale che ha visto l'avvio di molte occupazioni in tutto il mondo. Tra gli argomenti "locali" presi di mira dal movimento cosentino c'è la questione dello smaltimento dei rifiuti, ma lo sguardo ai fenomeni globali non sembra essere mai stato messo in secondo piano, tanto che il primo comunicato stampa del movimento sembrava manifestare idee piuttosto chiare.
Primo Comunicato Stampa del Movimento
TUTTI IN PIAZZA CONTRO LA CRISI. OCCUPIAMO LE STRADE. OCCUPIAMO IL MONDO
La crisi economica incombe sempre di più sulle spalle della popolazione cosentina, italiana e mondiale. Mentre si perdono posti di lavoro, si impoveriscono le famiglie e si incupisce il futuro dei giovani, notiamo l’impotenza della classe politica locale e globale.
L’indignazione diventa un imperativo categorico per chiunque voglia costruire un futuro decente per sé e la sua comunità. È per questo che noi, gli Indignati Cosentini, raccogliamo ed appoggiamo con forza l’appello mondiale lanciato dai vari movimenti ad occupare le strade e ad occupare il mondo per lottare contro la crisi, contro chi l’ha provocata e chi vuol farla ricadere sulle spalle del popolo. Invitiamo tutti, studenti, precari, lavoratori e pensionati, movimenti e semplici cittadini, alle 10:30 a Piazza dei Bruzi per la catena umana che si svilupperà per il centro cittadino. Vogliamo una manifestazione pacifica, festosa, colorata per costruire un’alternativa vivace e forte a questa classe politica parassita ed a questo sistema economico classista. Dalla crisi si esce solo con una democrazia reale e partecipata, con l’abolizione della precarietà, con la ricostruzione di un’istruzione pubblica vera e di qualità, con l’annullamento delle ingiustizie sociali ed ambientali garantendo i beni comuni, come una casa, come l’acqua, a tutta la cittadinanza. Per il nostro presente e per il nostro futuro, occupiamo le strade, occupiamo il mondo. Da New York a Cosenza.
“Le grandi idee arrivano nel mondo con la dolcezza delle colombe. Forse, se ascoltiamo bene, udiremo, tra il frastuono degli imperi e delle nazioni, un debole frullìo d'ali, il dolce fremito della vita e della speranza”.
A.Camus
Bari – #occupybari
Preghiera a Santa Insolvenza
"Santa Insolvenza
protettrice delle precarie e dei precari
dacci oggi il nostro reddito quotidiano
e allontana da noi i nostri debiti
perchè non siamo noi i veri debitori.
Santa Insolvenza
piena di rabbia, frega per noi peccatori
la ricchezza che produciamo ma altri detengono
perchè abbiamo diritto a casa,
mobilità, saperi e desiderio.
Santa Insolvenza
che sei nei nostri pensieri
sia generalizzato il tuo nome
e venga lo sciopero precario.
Non privarci della tentazione
ma liberaci dalla banca
e dall’ufficiale giudiziario."
Quella di Bari è -senza dubbio- una delle esperienze più mature dal punto di vista dell'operatività politica. Hanno scelto l'immagine satirica di Santa Insolvenza -"apparsa" per la prima volta a Bologna, a pochi giorni dalla manifestazione dell'11/11/11- per porre il diritto all'insolvenza alla base del movimento.
Prima apparizione di Santa Insolvenza – Bologna
Bologna, 9 novembre 2011. La santa dei precari e degli insolventi viene portata in processione nella stazione di Bologna
Gli occupanti baresi (a giudicare da quanto si evince dalla pagina Facebook) hanno cominciato ad incontrarsi intorno alla fine di ottobre allo scopo di organizzare la giornata dell'11 novembre, prima hanno occupato Villa del Sole e, dopo lo sgombero, gli eventi li hanno portati -lo scorso 28 novembre- ad occupare Villa Roth. Da lì hanno fatto partire moltissime iniziative tra le quali un flash mob sul problema dei trasporti, il guerrilla gardening, la mensa autogestita, il presidio antirazzista, il mercatino di Natale e seminari vari.
Rispetto alla capacità di utilizzare i nuove media per la comunicazione delle attività, #occupybari si avvale della sola pagina Facebook, ma è ben utilizzata, corredata dalla creazione ad hoc di eventi, costantemente aggiornata e decisamente partecipata.
Avellino – #occupyavellino
E ora veniamo alla più piccola delle realtà succitate che, però, è in presidio permanente fin dal 4 novembre e ancora mostra segni di attività.
La comunicazione via web di #occupyavellino è particolarmente vivace, oltre all'account Facebook -infatti- c'è anche un gruppo aperto in cui manifestanti e simpatizzanti coordinano le attività e lanciano "missioni" e iniziative. Occupy Avellino, inoltre, è tra le poche declinazioni del movimento ad aver aperto un account Twitter e un canale Youtube che, sebbene poco utilizzati, rappresentano il tentativo di amplificare il più possibile la voce del collettivo, sfruttando a pieno le possibilità offerte dai nuove media.
Tra le varie iniziative lanciate dal movimento (a parte le consuete assemblee tematiche, i cineforum, i concerti, i reading e i laboratori) c'è stato il guerrilla gardening, alcuni flash mob di sensibilizzazione (la missione nastro e la missione biscotto), la creazione autonoma di piste ciclabili (di cui è stato realizzato un ottimo video) e l'invasione della biblioteca provinciale (missione penna).
In buona sostanza, si tratta di un movimento che si muove bene e che -pur nelle sue ridotte dimensioni- sta tentando di innescare il cambiamento.
Manifesto – un estratto
#occupyavellino è un movimento che si inserisce in una riflessione di carattere globale ma che non è distante dalle questioni del territorio, della terra, di quel luogo in cui tutti affondiamo le radici pur tenendo alto lo sguardo: quel luogo oggi è l’Eliseo, spazio che il movimento occupa già da tre settimane come simbolo da un lato della lotta per il bene comune, dall’altro dell’assoluta mancanza di attenzione da parte di chi amministra e ha amministrato la città. Tanto che, quello che fino al 4 novembre era definito semplicemente ‘spazio antistante l’Eliseo’, è stato ribattezzato “Piazza della Partecipazione”.
Il movimento non ha una data di scadenza, né imprescindibili risultati da raggiungere per dimostrare di aver avuto successo.
Costruiamo gli obiettivi della nostra lotta giorno per giorno, li conquistiamo attraverso l'azione, il fare quotidiano. Ci sono, però, alcuni obiettivi che rappresentano principi fondanti e inaffondabili: il primo, imprescindibile, è cambiare se stessi, il modo di agire nel mondo, di pensare al mondo e alla comunità. L’atteggiamento necessario al confronto è la capacità di dubitare. Il secondo obiettivo è aumentare la partecipazione, con azioni piccole, semplici, provocatorie. Ma anche con discussioni importanti sul momento mondiale, in un perenne laboratorio di idee in cui si possano mettere a confronto forme e metodi per uscire quanto più possibile da un sistema contestato, che non può essere visto come "naturale e imprescindibile" ma – quanto meno – come un qualcosa che può essere messo in discussione. Il terzo obiettivo è costruire una comunità che sia attiva, consapevole, solidale.
Questi sono i pilastri del movimento, le microdeclinazioni attraverso cui i giovani partecipanti intendono raggiungere questi obiettivi sono i cambiamenti in grado di migliorare la propria vita e il contesto in cui si muovono.
L’intenzione è quella di lavorare insieme per molto tempo ancora. Occupy ambisce ad un cambiamento radicale, vuole cambiare il volto della società partendo da ciò che ognuno può fare nel suo piccolo, ma senza dimenticare che ovunque, sul pianeta, ci sono altre 20, 300, 4000, 100000 persone che si stanno interrogando sulle medesime questioni e operano le stesse scelte in nome di un obiettivo che risiede su vette altissime.
Altre esperienze
Altri esperimenti non più attivi sono #occupycaserta, #occupybenevento, #occupynapoli. Quest'ultimo, in particolare, mostra una leggera attività via web ma, sulla base delle informazioni raccolte, non sembra che il movimento sia mai davvero uscito dalla sua dimensione "virtuale" per abbracciarne una reale e tentare la cosiddetta accampada.
Ma è pur vero che, a Napoli, la presenza di tanti centri sociali, gruppi e associazioni attive sul territorio fa sì che le istanze che caratterizzano il movimento Occupy vengano già raccolte da altri soggetti politici, rendendo apparentemente superflua l'istituzione di un collettivo specifico che adotti anche la "forma" di lotta tipica di Occupy.
- Occupy Italia – La filosofia del movimenti: la protesta, le persone, i luoghi
- Occupy Italia al Centro
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