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Il Twitter alternativo Parler è stato hackerato prima della chiusura: rubati tutti i dati

Poco prima della chiusura dei server a opera di Amazon che ospitava la piattaforma, un hacker è riuscito a impadronirsi della totalità dei dati degli utenti. Un archivio da 70 terabyte composto dal 99,9% dei messaggi, dei video, delle foto e dei profili pubblicati, compresi quelli non più pubblici.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Il Twitter alternativo Parler sta ancora tentando di reagire all'ostracismo che ormai tutte le aziende della Silicon Valley stanno mostrando nei suoi confronti. Settimane scorsa Google e Apple hanno rimosso l'app della piattaforma dai loro store digitali poco prima che Amazon staccasse la spina ai server lasciando di fatto il sito offline per tutti i seguaci di Trump e gli altri utenti iscritti; proprio questi ultimi però sono risultati vittima di un attacco hacker compiuto nei confronti del sito poco prima che chiudesse forzatamente i battenti: un ricercatore informatico è riuscito infatti a scaricare ogni singolo messaggio e profilo dal portale, comprese informazioni potenzialmente incriminanti come ad esempio fotografie degli assalti al Congresso scattate in data 6 gennaio, pubblicate sul sito e già cancellate prima dello stop imposto da Amazon.

Il quantitativo di informazioni trafugate ammonta a 70 terabyte – una cifra non impressionante ma che per le dimensioni di Parler rappresenta un colpo grave: si tratta infatti di più del 99 percento dei dati presenti sui server e pubblicati dagli utenti, compresi contenuti privati, profili e informazioni che pubblicamente non erano più neppure consultabili dagli utenti quando il sito era ancora online. Il furto può risultare problematico per tutti coloro che si sono macchiati di reati documentandoli su Parler nei giorni scorsi: secondo le analisi degli analisti di sicurezza del Digital Forensic Research Lab, Parler è una delle piattaforme che maggiormente ha avvantaggiato le frange più violente dei sostenitori di Trump nel coordinamento dell'assalto al Congresso del 6 gennaio.

In alcuni casi le prove dei disordini sono state pubblicate sullo stesso social, senza neppure privarle di metadati come quelli relativi all'ora e alla posizione GPS degli scatti e dei video catturati. Anche la maggioranza degli utenti che non si è macchiata di reati si trova però in una posizione scomoda: da una parte la piattaforma è ancora inaccessibile e in cerca di una nuova casa; dall'altra un suo archivio praticamente perfetto potrebbe presto essere archiviato online a futura memoria di quel che è stato Parler nei suoi primi anni di vita – o almeno questa è l'intenzione dell'hacker che ha perpetrato l'attacco.

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