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Assalto al Congresso Usa dei sostenitori di Trump

Su quali piattaforme “alternative” i protestanti hanno progettato l’attacco al Congresso USA

Forum privati, piattaforme di messaggistica, siti alternativi, ma anche i canali social canonici: le proteste di mercoledì 6 gennaio sono nate online tra utenti che si sono confrontati per giorni su temi generici come la presenza davanti al Congresso, e specifici come l’assalto agli uffici e le armi da portare.
A cura di Lorenzo Longhitano
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L'assalto al Congresso degli Stati Uniti che si è tenuto nella serata di mercoledì 6 gennaio continuerà a far discutere per mesi entrando probabilmente nei libri di storia. Tra le numerose domande alle quali gli osservatori stanno tentando di dare risposta sull'accaduto, una in particolare riguarda l'organizzazione dei rivoltosi che hanno assaltato i palazzi del potere di Washington in un momento cruciale per l'elezione del prossimo preseidente USA, Joe Biden. Se da una parte non esistono per ora prove di una pianificazione meticolosa dell'operazione, d'altro canto su forum, piattaforme e gruppi di discussione alternativi si parlava già da settimane di azioni violente programmate proprio per la giornata del 6 gennaio.

Il forum The Donald

Una delle piazze virtuali dove si è parlato più diffusamente di proteste programmate per lo scorso mercoledì è il forum online The Donald. Il portale prende il nome da un gruppo di discussione dedicato ai sostenitori di Trump e nato anni fa sulla piattaforma social Reddit: negli scorsi mesi infatti i moderatori del sito avevano deciso di mettere i sigilli alla comunità per via delle ripetute violazioni che si verificavano tra gli interventi in merito soprattutto a episodi di incitazione alla violenza; alcuni dei membri del sottogruppo hanno così deciso di fondare un forum per raccogliere gli esuli della comunità e discutere di politica senza censure.

Tra gli argomenti discussi non è mancato nei giorni scorsi neanche l'assalto al Congresso che si è poi effettivamente verificato. Come riporta Daily Beast, sul forum si parlava in termini generici ma inequivocabili di trasformare la manifestazione in una vera e propria guerra, della volontà di portare armi da fuoco sul luogo della manifestazione contro le leggi locali che lo vietano esplicitamente, ma anche di "prendere d'assalto gli uffici cacciando fisicamente e perfino uccidendo i traditori per riprendere possesso del Paese". Interventi del genere sono connotati da migliaia di reazioni e risposte e hanno indubbiamente contribuito a far sì che i partecipanti alla discussione si sentissero legittimati, incoraggiati e perfino tenuti a protestare in modo violento.

Parler, il Twitter alternativo

Parler è un'altra piattaforma sulla quale il sentimento pro Trump ha potuto dare vita alla manifestazione di una volontà collettiva di rivolta. Definita spesso come un Twitter alternativo, si tratta effettivamente di un sito di microblogging la cui base di utenti è in percentuale molto più rappresentata da sostenitori di Trump, conservatori estremisti e complottisti; sul portale, riferisce Advance Democracy, nei giorni scorsi non sono mancati esempi di interventi simili a quelli intercettati sul forum The Donald.

In un post compare una Gif animata con l'immagine di un cappio e una domanda rivolta agli altri utenti che chiede chi desidererebbero veder "gestito" per primo tra Nancy Pelosi, John Roberts, Mike Pence e altri nomi da specificare. L'autore esprime la sua preferenza personale per Pence; due giorni dopo — ha fatto notare BuzzFeed News — durante le proteste si è effettivamente sollevato ripetutamente il coro "Impicchiamo Mike Pence".

Twitter, TikTok e le piattaforme di messaggistica

Tra le piattaforme di messaggistica, i ricercatori del Digital Forensic Research Lab interpellati da BuzzFeed individuano Telegram come un canale di comunicazione privilegiato: il primo segnale intercettato dal gruppo proveniva da una chat relativa a un movimento paramilitare che parlava di essere "pronto a far scorrere il sangue" se le cose per Trump non avessero iniziato a mettersi meglio. Su Twitter e TikTok non sono stati trovati interventi di simile intensità, ma un numero maggiore di post che parlavano comunque di presenziare alle proteste — spesso legati agli account del movimento complottista ed estremista pro Trump QAnon.

I gruppi Facebook

Non manca chi si è organizzato su gruppi Facebook. Dopo i fatti del 6 gennaio il social ha annunciato sotto i riflettori di aver bloccato l'account di Trump a tempo indeterminato, ma prima di quella data ha permesso a migliaia di utenti di organizzare indisturbati una presenza violenta per la giornata di mercoledì, come è successo nel gruppo Red State Secession dove si chiedeva ai partecipanti di condividere gli indirizzi di casa dei "nemici politici" di Trump. Non solo: il social tramite i suoi algoritmi anche consigliato ai sostenitori decine di gruppi simili a quelli che stavano visitando, offrendo così loro involontariamente una vera e propria rete di risorse organizzative.

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