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In Arabia Saudita i robot hanno più diritti delle donne?

Sophia robot dotato di intelligenza artificiale diviene cittadina saudita. Polemica sulla condizione delle donne in Arabia Saudita. Ma i robot non hanno sesso e le donne non sono macchine.
A cura di Juanne Pili
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Anche nella redazione della Bbc ci si chiede se esiste davvero un robot dotato di sesso femminile con pieni diritti, più delle stesse donne. Lʼarticolo rielabora una notizia vera: un “androide” denominato Sophia prodotto dalla Hanson Robotics avrebbe ottenuto la cittadinanza in Arabia Saudita. Lo annuncia anche Kneb riportando il tweet di un membro del governo saudita.

Scoppia la questione morale

Può un robot “donna” avere maggiori diritti delle donne saudite? Effettivamente Sophia non indossa il velo e può andare in giro senza essere accompagnata, salvo il fatto che prima o poi dovranno pure alimentarla in qualche modo. Di scienza negli articoli che riportano il fatto ce nʼè tanta, dovrebbe preoccupare invece la totale assenza di logica. A parte il fatto che lʼintelligenza artificiale di Sophia non è la stessa degli androidi di Blade Runner o dei romanzi di Asimov – quella intesa in senso forte, dotata di coscienza di sé e di una volontà – e che in una monarchia assoluta come quella saudita potrebbero dare la cittadinanza persino ad un chihuahua, la cosa più preoccupante è che si dà per scontato che un robot possa avere una sessualità e che si possa comparare un elettrodomestico ad una donna. Infine, come fa un robot ad essere dotato di genere sessuale? Forse la cosa ci sta sfuggendo di mano.

Intelligenza artificiale in senso forte

Lʼintelligenza artificiale forte presupporrebbe la coscienza di sé. Una mucca, uno sciame di api o di formiche, sono esseri coscienti: la mucca ha un minimo di intelligenza; nessun animale ha la coscienza di sé dellʼuomo – anche se alcuni dimostrano di avvicinarvisi molto – come certi primati e delfini. Anche i neuroni eseguono delle istruzioni, ricevono input ed elaborano output di cui non possono concepire il significato, eppure nel loro insieme formano la Coscienza di sé, ovvero lʼintelligenza umana. Uno degli ostacoli maggiori è il linguaggio. Gli attuali strumenti di riconoscimento vocale e le varie chatbot sviluppate sono ancora molto goffe – per usare un eufemismo – con buona pace per chi pensa il contrario. La capacità di incamerare informazioni attraverso un linguaggio articolato e di comunicare mediante lo stesso i propri pensieri è una materia di studio ancora relativamente agli albori; lo dimostrano importanti scienziati del linguaggio come Noam Chomsky. Noi stessi non possiamo uscire dal linguaggio (tutta la nostra immagine del Mondo è di fatto un insieme di narrazioni), questo è un limite praticamente invalicabile: sarà proprio il logico matematico Goedel a teorizzare lʼimpossibilità di conoscere tutti i fattori di un insieme, se chi li studia ne fa parte: "È impossibile dimostrare dallʼinterno di un sistema di assiomi la non contraddittorietà di questi ultimi".

Questo significa che per avere una conoscenza esaustiva dei meccanismi che portano allʼintelligenza artificiale – nel senso forte del termine – occorrerebbe porsi fuori dai nostri stessi pensieri. Concetti di una vastità tale che sarebbe impossibile chiarirli nello spazio di un articolo. Sta di fatto che Sophia è ben lontana dal poter godere dei diritti, non più di quanto potrebbe un frigorifero o il più potente dei computer esistenti.

Marketing e diritti civili

Un embrione o una persona in stato di coma profondo godono pieni diritti e si discute sul fatto che possano averne anche gli animali, si tratta di situazioni in cui la coscienza di sé è sempre implicita in diversi modi: nellʼembrione in potenza; nel paziente in stato comatoso cʼè stata e ci si augura che sia di nuovo potenziale; negli animali si presenta in modi e livelli diversi. Suggeriamo la lettura di un saggio molto controverso di Roger Scruton sul tema, “Gli animali hanno diritti?“. È anche vero che esistono sicuramente tanti altri fattori che determinano il riconoscimento dei diritti, compreso quello alla cittadinanza; tuttavia è innegabile che lʼavere coscienza di sé resta in tutti i casi una condizione onnipresente (se pure potenzialmente o parzialmente), al di là del diritto e delle leggi. Potremmo anche riconoscere i pieni diritti ad un sasso, tanto questo non cambierà la sua condizione. Così come tutta questa discussione non servirà purtroppo alle donne saudite.

Sophia è un sofisticato elettrodomestico dotato di intelligenza artificiale

In senso debole, avente lʼaspetto di Audrey Hepburn. È stato creato dalla società Hanson Robotics con sede a Hong Kong. Sicuramente nelle conferenze potrà fare una certa figura e se un regime assolutista come lʼArabia Saudita gli vuole dare la cittadinanza sicuramente sussistono dei limiti fisici prima che giuridici che ci fanno intuire quanto questo status sia sui generis. In questi “svarioni” che riescono a passare acriticamente persino in testate autorevoli come la Bbc, rimane davvero poca reale empatia verso la condizione della donna in Arabia Saudita e nel Mondo. Quel che resta al netto di tutto questo è una geniale operazione di marketing che usa un problema reale: quello dei diritti che non vengono riconosciuti alle donne in certi paesi, partendo da un inconsapevole parallelo donna-macchina oltremodo grottesco. Davvero è così che vorremmo impostare la questione?

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