Per la nostra generazione non c’è più niente da fare. Noi, i “nativi digitali”, non siamo stati capaci di assimilare questo semplice quanto fondamentale concetto: una notizia va confermata e accertata prima di essere ripubblicata. È facile, è la prassi per un giornalista e la base per la diffusione di una notizia su quotidiani e periodici, ma nell’epoca di internet e dei social network pare che nelle menti degli utenti (e non solo) viga la regola: c’è scritto su un sito, quindi è vero, quindi lo ripubblico con contorno di giudizi sul mondo e sulla psiche umana.
E dato che non impariamo mai – non che siano mancati altri esempi nell’ultimo anno e mezzo – solo nell’ultima settimana le bufale che si sono riversate sui social sono state decine. Un trend che nel 2014 ha subito un’impennata vertiginosa, spinta sia dalle continue condivisioni dei tanti utenti creduloni sia dalla presa di coscienza dei responsabili delle bufale: più la gente condivide – e lo fa – più i loro siti generano visualizzazioni. È interessante anche analizzare come le bufale riescano a seguire gli argomenti più in voga, effettuando brusche virate e passando da un argomento all’altro in poche ore. Dagli immigrati alla strage di Charlie Hebdo, passando poi al rapimento di Greta e Vanessa e al sempreverde argomento dell’Isis. L’importante è cavalcare l’onda di dissenso che, sui social network, è sempre pronta a travolgere tutto. L’importante è pubblicare la propria idea su ciò che per noi non va nel mondo. Qualsiasi cosa, dalle minoranze alle religioni, dai gruppi culturali al governo. Una volontà che va a braccetto con le notizie inventate. Ci danno un input, una scusa, abbiamo il via libera per dire al mondo come la pensiamo. Ci forniscono un alibi per divulgare un pensiero dalle fondamenta di cartapesta. Poco importa che le notizie siano false, nel caso basta rispondere con “Non me ne ero accorto”.
Quindi perché verificare le fonti? Già, perché? Perché la gente è apatica. Siamo diventati indifferenti e insensibili alle notizie che ci vengono presentate davanti agli occhi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e il fatto che episodi del genere si ripetano ogni due giorni – non ogni sei mesi, ogni due giorni – significa che ormai per la nostra generazione non c’è speranza. Siamo vittime della fretta, del sensazionalismo giornalistico degli ultimi anni e dell’utilizzo distorto delle tecnologie moderne. Internet è un mezzo incredibile, ma questa situazione dimostra quanto possa essere pericoloso. Abbiamo bisogno di ritrovare, come dice lo scrittore ceco Kundera, “la lentezza della memoria per abbandonare il demone della velocità”. Quindi fatevi un favore, insegnate ai vostri figli l’importanza delle fonti.