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John Sculley in un’intervista confessa l’ammirazione per il lavoro svolto da Jobs!

L’uomo che cacciò nel 1985 Jobs da Apple, dopo essergli stato accanto nella creazione del famoso Macintosh, rivela in un’intervista le qualità e il carisma dell’uomo che ha lasciato la guida dell’azienda americana…consegnando ai posteri ma sopratutto alla rete la grandezza delle sue creazioni.
A cura di Vito Lopriore
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John Sculley (a destra nella foto) è un famoso dirigente d'azienda americana. Ha vissuto a stretto contatto con Steve Jobs (a sinistra nella foto), sin dagli anni ’70 in cui non si conosceva ancora lo sviluppo e la diffusione che avrebbero avuto i personal computer; è stato infatti amministratore delegato di Apple dall’Aprile 1983. Fu lo stesso Jobs a convincerlo di andare a lavorare per l’azienda da lui fondata, abbandonando la Pepsi Cola. Ironia del destino, fu lo stesso Sculley a mettere in minoranza Jobs nel 1985, determinando così la decisione di licenziare il leader carismatico.

Sculley in una lunga intervista, rilasciata a Cult of Mac, racconta un’immagine di Jobs che molti conoscono, ma il suo racconto è pieno di particolari proprio rispetto alla determinazione di costruire modelli di computer che, per la facilità d’uso e per il design, sarebbero stati destinati a costituire una pietra miliare nella storia moderna e anche a profilare un diverso uso della tecnologia, grazie al touchscreen, nel futuro.

La metodologia di Steve

Steve sapeva lavorare su tutti i livelli, racconta, dall’idea generale di cambiare il mondo a quella di costruire schede madri belle esteticamente; riesce a guardare ai dettagli in maniera unica, oltre che ad essere un grande motivatore. Prediligeva il team Mac composto da sole 100 persone, che conosceva personalmente, e con cui poteva interagire quotidianamente proprio nell’ideazione, nel settaggio e nell’implementazione delle componenti tecniche. Anche se Apple ha diverse migliaia di impiegati da molto tempo, la costruzione dei nuovi modelli tecnologici è frutto del lavoro di poche persone. Jobs viene descritto come un minimalista a cui piace sottrarre piuttosto che aggiungere; quando un ingegnere scriveva un nuovo codice software, era capace di leggerlo velocemente e spesso trovare qualcosa che non andava. Il perfezionismo è il suo modo di lavorare, visto che crede nella perfezione.

Si occupava egli stesso del recruiting delle persone, non delegando ad altri il lavoro di ricercare le persone migliori: quello che costituiva la sua grandezza, oltre alle capacità conoscitive e culturali, è l'attitudine di essere riconosciuto dai suoi collaboratori come un inventore da seguire: non credeva nelle grandi organizzazioni che chiamava col termine dispregiativo “bozos”. Sculley riporta una sua dichiarazione “Non riesco a ricordare più di cento nomi di battesimo, e voglio essere circondato esclusivamente da individui che conosco personalmente. Pertanto, se il numero di persone supera le cento, saremo costretti a passare a una struttura organizzativa diversa in cui non posso lavorare. A me piace lavorare in un modo che mi permetta di toccare tutto”.

Il design e la filosofia “Look and feel

Jobs viene descritto come un vero e proprio esteta: il computer del futuro, 25 anni fa si era all’inizio della rivoluzione digitale, non lo conosceva nessuno, afferma Sculley, il fondatore non sapeva disegnare ma aveva un gusto pazzesco per l’estetica. L’esperienza utente si basava, nel concept, proprio sul design industriale, il design del sistema e persino quello delle schede madri. Come se avesse un criterio di bellezza superiore per valutare anche la composizione di elementi tecnici, dal punto di vista degli esperti e di chi già conosce come è fatto un software, naturalmente. Quando creò il Macintosh il design dell’interfaccia grafica del computer, oltre all’usabilità dello stesso, furono determinanti per il successo.

Con l’Apple II, Steve fu il primo a inserire un computer in una scocca di plastica (chiamata ABS); oggi sembra un’idea semplice, ma nel 1977 non lo era affatto. Questa viene chiamata la "metodologia di Steve Jobs", l’esser stato cioè il primo a vedere il pc come un prodotto consumer, adatto a molti, a tutti quasi. Poi questa metodologia è stata resa evidente nel Macintosh, NeXT e nei Mac seguenti, iMac, iPod, iPhone e iPad, sino creare una vera e propria cultura e lifestyle.

La passione per Sony

Nell’organizzazione aziendale infine, Jobs, come detto, odiava le grandi organizzazioni e non condivideva la vision di Gates o di IBM che volevano semplicemente dominare il mercato con qualsiasi metodo; egli voleva cambiare il mondo e per fare questo è stato anche disposto a correre grossi rischi, premiando davvero gli utenti…ecco perché la sua figura oggi è quasi mitologica. Il modello principale a cui ispirò l’organizzazione di Apple fu Sony. I giapponesi avevano costruito un’azienda di tecnologia analogica molto efficiente, poi le cose sono cambiate con la tecnologia digitale, ma all’inizio il modello fu quello.

Sculley racconta che spesso andavano insieme a vedere le aziende Sony in Giappone ed a trovare Akio Morita, proprio per vedere e apprezzare i suoi alti stadard qualitativi. Il lavoro consisteva nell’affidare i servizi di produzione di componenti elettroniche in outsourcing alle diverse aziende che si specializzano su un’unica componente, chiamati EMS. La fase di ideazione e costruzione vera e propria del prodotto finale – design del software e dell’hardware, del sistema delle applicazioni e delle periferiche che si collegano a tale prodotto –  si concentrava esclusivamente su Steve e il suo team Mac.

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