Joi Ito è il nuovo direttore del Mit Media Lab
Joichi Ito è diventato il quarto direttore del Mit Media Lab, il centro di ricerca più innovativo sulla cultura digitale nato 25 anni fa per opera di Nicholas Negroponte, autore anche del best seller dalle ampie vedute “Being digital”.
Il quarantaquatrenne Joichi Ito, ex CEO di Creative Commons, noto con il nickname Joi, pronunciato Joey, va a sostituire il ruolo che fu di Frank Moss, che rassegnò le dimissioni lo scorso anno. Sebbene non sia laureato (tutti i maggiori “rivoluzionari” digitali, da Steve Jobs a Bill Gates, passando per Larry Page e Mark Zuckerberg hanno abbandonato il college), è un famoso pensatore, scrittore, venture capitalist, imprenditore e brilla per numerosi riconoscimenti in diversi campi. Ma il curriculum di Ito, non finisce qua, infatti egli fa parte del consiglio di amministrazione di Mozilla Foundation, di Witness, gruppo internazionale a difesa dei diritti umani, e di Global Voices, una rete internazionale di blogger che sostiene in particolar modo i citizen media.
E proprio tutta questa sua ecletticità e questo suo spaziare in campi diversi, ha innescato la sua nomina di direttore del Media Lab, dove la mission principale è applicare un “approccio interdisciplinare alla ricerca, incoraggiando l’interesse in qualsiasi campo e il pensiero anticonvenzionale e senza limiti”. Questo quanto ha affermato lo stesso Ito, intervistato da Wired.com, attraverso Skype, poiché in Giordania.
Secondo Ito ciò che rende davvero diverso il Mit Media Lab oltre all’interdisciplinarietà è la flessibilità a lungo termine, quest’ultima una caratteristica inusuale al giorno d’oggi, in quanto qualunque società deve fare i conti con i profitti, e non si esime da ciò neanche Silicon Valley.
Ma la strategia su cui Ito si concentrerà al Mit Media Lab, dove, rivela a Wired.com si sente davvero a casa, sarà soprattutto, di creare un’interconnessione tra gli studiosi e le eccellenze nei propri campi che lavorano all’interno di esso: “It’s about connecting really specific people with really specific things and other people, in the right context, at the right time. You can only do that if you’re working with people who are really deep at what they do and are open to being connected.”