L'iPhone dà, l'iPhone prende. Diventare uno dei fornitori dello smartphone più conosciuto al mondo significa trovare una piccola miniera d'oro nascosta tra silicio e alluminio, ma cosa succede quando questo rapporto cessa di esistere? Si perde (quasi) tutto. Questa settimana la Imagination Technologies, l'azienda responsabile dei chip grafici installati negli iPhone, ha annunciato che nel corso dei prossimi due anni cesserà di occuparsi di questo aspetto. Apple, insomma, si produrrà i processori grafici da sé. Il risultato? Un crollo vertiginoso in borsa che ha tagliato di due terzi il valore delle azioni dell'azienda. Il tutto nelle poche ore successive all'annuncio.
Ora l'azienda vale un terzo di quanto valeva la settimana scorsa, segno che se l'iPhone si allontana da una realtà, questa smette di brillare di luce riflessa. E, spesso, muore. Che poi è il motivo per il quale le azioni della Imagination Technologies valevano così tanto: l'azienda è sicuramente vittima della decisione di Apple di costruirsi da sola i processori grafici, ma la scogliera da cui è caduta due giorni fa è stata letteralmente creata dall'iPhone. Il prezzo al quale la Imagination Technologies ha venduto le proprie azioni era da considerarsi "con iPhone". Senza, il prezzo crolla. Apple ha venduto oltre 78 milioni di iPhone nei soli ultimi tre mesi del 2016, confermando la solidità del business non solo per se stessa, ma anche e soprattutto per i suoi fornitori.
La Imagination ne è la conferma: i chip grafici PowerVR inseriti in iPhone, iPad, iPod e Apple TV rappresentano la sua fonte di guadagno più grande, che però cesserà di esistere nel corso dei prossimi due anni. Così il mercato si è adattato all'imminente situazione "senza iPhone". È la stessa sorte che colpisce gli sviluppatori delle applicazioni che finiscono per essere inglobate da Apple nel suo iOS: un giorno sono indispensabili, quello dopo non servono più a nulla perché le stesse funzioni vengono offerte dallo smartphone. Il punto è che l'iPhone, il prodotto di maggior successo di una delle aziende più facoltose del mondo, è diventato talmente potente a livello economico che la sua sola presenza o assenza può creare o distruggere aziende.
Nel 2013 Cupertino assoldò la GT Advanced Technologies per sviluppare vetri in zaffiro per gli iPhone, collaborando per progettare un processo produttivo adatto al nuovo materiale. Il progetto fallì, così Apple si ritirò dall'accordo continuando a preferire gli schermi in vetro. Per la GT Advanced la sorte fu però diversa: l'azienda subì un colpo mortale e dovette dichiarare bancarotta. Se le cose fossero andate diversamente, probabilmente il suo valore sarebbe esploso, come successo a realtà come la Imagination. lavorare con la mela è una scommessa, e anche bella grossa: con i numeri macinati dall'iPhone, Apple è libera di dettare i propri termini a qualsiasi fornitore.
Allo stesso tempo, però, la stessa Apple è letteralmente dipendente dal suo prodotto di punta. Basti vedere come ha dovuto mettere su un secondo piano lo sviluppo di MacOS in favore di quello di iOS. O, elemento ancor più importante, come si stia affidando a Samsung per sviluppare i componenti interni perché solo il colosso sudcoreano può garantire una catena di fornitura così ampia. Il crollo di Imagination Technologies potrebbe però nascondere una volontà ancor più aggressiva: Apple aveva già preso in considerazione la possibilità di acquisire la realtà, salvo poi ripensarci forse per il prezzo troppo alto. Ora che il suo allontanamento ha abbattuto il valore dell'azienda, un acquisto sarebbe più conveniente della creazione da zero di nuovi chip. Se questo sia etico o meno, però, è un altro discorso. Di certo c'è solo il potere dell'iPhone, ormai quasi incontrollabile anche per Apple.