L’Ocse si schiera a favore della libertà della rete
L'Ocse in prima fila nella battaglia per la libertà della rete. Il suo consiglio ha approvato le linee guida dell'organizzazione e il contenuto si riassume nell'invito agli stati appartenenti ad approvare normative interne tese più alla libertà di espressione che al controllo e alla censura, fenomeni che in alcune nazioni sono cresciuti di pari passo con l'evoluzione tecnologica.
I dettami dell'Ocse non sono vincolanti per le nazioni appartenenti e naturalmente il messaggio ha solo un significato simbolico, ma l'organizzazione con sede a Parigi ha deciso di fare di più. Da oggi infatti tra i criteri di valutazione dei paesi che vorranno farne parte saranno presi in considerazione anche temi come la libertà sul web, un piccolo passo ma di enorme importanza per sconfiggere la piaga della censura e della repressione.
Un altro punto chiarito è quello relativo al ruolo degli Isp, peraltro al centro di numerose controversie anche in Italia. La questione sull'eventuale responsabilità dei provider rispetto ai contenuti presenti sui loro server sta infiammando la cronaca negli ultimi mesi, basti ricordare l'ultimo caso della querelle tra Mediaset e Google, ma la posizione dell'organismo è tutta a favore dei fornitori di servizi, a cui (sia per motivi legali che pratici) non può essere assegnato il ruolo di “poliziotti del web”, anche se naturalmente vanno stabiliti paletti chiari per quello che riguarda copyright e diritti d'autore.
Ma è sicuramente il tema della libertà in rete ad essere quello di maggiore importanza a livello planetario. Insieme ad esempi di successo in cui la rete ha superato le maglie fittissime del controllo delle autorità, come nel caso della Primavera Araba, esistono numerose realtà dove la libertà di internet è ancora un'utopia. A partire dalla Russia dello zar Putin a finire alla Cina, più di un miliardo di persone hanno accesso ad una rete filtrata e censurata, una contraddizione rispetto all'idea di libertà promossa dall'Ocse.
Anche l'Europa, con i suoi piani per l'Agenda Digitale, si è più volte espressa in maniera analoga, la speranza è che gli stati più refrattari sull'argomento decidano di adeguare il proprio impianto normativo a livelli più democratici e moderni.