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Agenda Digitale, il diktat arriva dall’Europa

In queste settimane tutto il paese è in fermento nella speranza che il Governo Monti avvii le riforme strutturali di cui ha bisogno il paese per rimettersi al passo con i partners europei. A prescindere dalla volontà del neo premier però, il percorso diventa obbligato dopo l’ultimo richiamo da parte dell’UE. Il rischio è quello di pagare dure sanzioni.
A cura di Angelo Marra
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L'Italia dovrà recepire la normativa europea in materia di telecomunicazioni. Il condizionale utilizzato in queste settimane da politici, imprenditori e startup lascia spazio ad un imperativo categorico.

Non si tratta più di una scelta “morale”, vista la piaga del digital divide che affligge il nostro paese e nemmeno di una delle potenziali business strategy per uscire dalla crisi, con le ottime possibilità offerte dall'unione della rete con il genio made in Italy.

L'ordine di battaglia arriva direttamente dall'Unione Europea e si rivolge anche ad Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Francia, Germania, Paesi Bassi, Grecia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Spagna e Ungheria. In poche parole se si esclude qualche nazione nord europea tutto il resto dell'unione dovrà adoperarsi per recepire le indicazioni della UE. Secondo quest'ultima infatti “un’attuazione parziale di tale normativa nei 16 Stati membri limita di fatto i diritti dei consumatori. Le norme in parola garantiscono ai consumatori dell’Unione europea nuovi diritti in materia di telefonia fissa, servizi mobili e accesso a internet”.

Non è la prima volta che l'Unione Europea bacchetti i paesi membri per il loro ritardo nelle infrastrutture e nei regolamenti interni: un primo avvertimento c'era stato già agli inizi di quest'anno, ma solo Lettonia, Lituania, Lussemburgo e Repubblica Slovacca avevano risposto all'appello, mettendosi in regola entro la data indicata dalla commissione, unendosi a Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Malta, Svezia e Regno Unito nel gruppo dei paesi virtuosi.

L'Italia, grazie all'atavica antipatia della nostra classe politica nei confronti della rete ovviamente è ben lontana dall'aderire agli standard imposti dall'UE e Mario Monti ne è perfettamente consapevole. Ecco perchè fin dal suo insediamento la parola Agenda Digitale è entrata subito nella top ten di quelle più utilizzate e la famosa “banda larga” ha fatto capolino dal dimenticatoio in cui è rimasta x anni e sembra essere diventata una delle priorità per i paese.

Se Monti volesse potrebbe ignorare i moniti dell'Europa, prassi consolidata negli ultimi 15 anni di governo, e il nostro paese incorrerebbe per l'ennesima volta in sanzioni economiche, l'ideale per un paese come il nostro sull'orlo della bancarotta. Ma a quanto ci è dato di sapere, né Monti né i membri del suo governo sono proprietari di televisioni, per cui adesso internet è libero di sbocciare anche da noi.

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