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Opinioni

La Cookie Law e l’inutile caos dei banner informativi

Da domani tutti i siti dovranno essersi adattati al provvedimento per “l’individuazione delle modalità semplificate per l’informativa e l’acquisizione del consenso per l’uso dei cookie”, anche detto “Cookie Law”, che impone ai gestori di siti web di fornire informative complete agli utenti sull’utilizzo dei Cookie. Una direttiva che sta creando notevoli disagi nella navigazione di molti siti web.
A cura di Marco Paretti
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Aprite un sito e il primo elemento che trovate ad accogliervi è un banner informativo sull'utilizzo dei Cookie da parte del portale. Lo chiudete cliccando sulla X senza badare al testo. Poi vi collegate ad un altro sito, un altro e un altro ancora. Il banner è sempre presente e, talvolta, appare sotto forma di pop-up invasivo che oscura il resto della pagina e vi obbliga a dargli attenzione che avreste volentieri rivolto altrove. Eppure è proprio questa attenzione che il provvedimento per “l’individuazione delle modalità semplificate per l’informativa e l’acquisizione del consenso per l’uso dei cookie”, anche detto "Cookie Law", impone ai gestori di siti web. In breve, il banner o pop-up che vedete sarà obbligatorio da domani, termine massimo che il  Garante Privacy ha dato ai portali per adattarsi alla nuova direttiva. Ma è davvero necessario?

Le regole sono brevi – ve le abbiamo spiegate qui – e impongono agli amministratori il posizionamento di un banner chiaramente visibile e discontinuo dal design del portale che riporti una breve informativa e un link verso l'informativa completa, dove devono essere indicati tutti i dettagli riguardanti l'utilizzo dei Cookie da parte del sito ed eventuali pulsanti per consentire o negare il consenso all'utilizzo. Insomma, un obbligo a cui non si sfugge, ma che sta distruggendo la navigabilità della maggior parte dei siti, soprattutto quando ci si rivolge al settore mobile. Se da PC, infatti, la visualizzazione del banner risulta comunque fastidiosa e invasiva, soprattutto quando si parla di pop-up, su mobile la situazione di alcuni siti è tragicomica: i banner non solo oscurano anche più della metà dello schermo, ma rendono la procedura di dismissione dello stesso un lavoro di precisione degno di un chirurgo.

fan page policy cookie

Tutto per cosa? Un provvedimento che non si capisce dove voglia andare a parare. Da un lato punta a ridurre l'invasione della privacy derivante dall'utilizzo dei Cookie di profilazione – quelli, cioè, che registrano le informazioni dell'utente – rendendo in questo modo più difficile il compito di chi fa pubblicità. Settore che, però, nel solo 2014 ha generato un giro d'affari da 2 miliardi di euro, con una crescita stimata del 15% per il 2015, quando il fatturato dovrebbe raggiungere i 15 miliardi di euro. Dall'altro lato punta a frenare la continua raccolta di dati da parte di colossi come Facebook e Google, che però ormai sono in grado di profilare gli utenti come e meglio di prima grazie a soluzioni che non utilizzano per niente i Cookie. Comunque la si voglia vedere, l'imposizione del Garante Privacy in questo momento sta comportando solo disagi nella navigazione dei portali da parte degli utenti, peraltro rischiando di mettere in crisi un settore che sulla profilazione dei consumatori basava il business anche quando internet non esisteva ancora.

Come se non bastasse, il provvedimento sta procurando non pochi grattacapi a chi gestisce blog e piccoli siti, amministratori che magari non possiedono nemmeno grandi conoscenze informatiche e non sanno come implementare il banner con l'informativa. Una situazione che da domani potrebbe precipitare, anche perché dall'altra parte della barricata il Garante Privacy non prende la cosa alla leggera: da 6 mila euro fino a 120 mila euro di multa a seconda dei casi. Non proprio noccioline, soprattutto se si considera che stiamo parlando di una direttiva europea nata nel 2011 e implementata a tentoni con quattro anni di ritardo. A tentoni perché sul sito del Garante mancano ancora linee guida più precise rispetto a quelle pubblicate finora. Il problema, per esempio, è che non esiste uno strumento per controllare la regolarità del proprio banner, con il rischio che alla notifica di irregolarità da parte del Garante sia allegata una multa di svariate migliaia di euro. E così tutto quello che rimane ora sono siti dalla navigazione compromessa, versioni mobile monche e refresh imposti dalla chiusura del banner. Tutto per un provvedimento che all'estero ha già sollevato un polverone tre anni fa proprio per i problemi di navigazione e la scarsa chiarezza. Insomma, si poteva imparare qualcosa.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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