La realtà virtuale ha disertato la fiera tecnologica più importante dell'anno. Al Consumer Electronics Show di Las Vegas la VR c'è, ma non mostra nulla di nuovo rispetto all'edizione dello scorso anno. Eppure nel 2017 la realtà virtuale dovrebbe esplodere: ora che tutti i principali visori sono disponibili nei mercati di tutto il mondo, l'industria dovrebbe investire, produrre, creare, stupire. Invece, stando a ciò che i visitatori del CES stanno provando in questi giorni, nei grandi saloni degli hotel di Las Vegas la realtà virtuale è semplicemente noiosa. Non perché non ci sia, ma perché non mostra nulla di veramente nuovo.
Non che la partenza sia stata delle migliori. Esattamente un anno fa Oculus ha annunciato il prezzo del suo Rift, provocando una grande ondata di polemiche per la sua fascia di prezzo (700 euro) nettamente in contrasto con le previsioni iniziali del fondatore Luckey Palmer. Elemento poi ripreso da HTC con il suo Vive, il cui prezzo era ancora superiore: 899 euro. Senza contare il PC richiesto, dal valore di circa 1.000 euro. A tornare su fasce più accettabili dalla massa ci ha pensato PlayStation VR, che richiede solo una PlayStation 4 per funzionare e ha un costo di 399 euro. Anche mettendo da parte il problema del prezzo, però, la tecnologia di realtà virtuale tanto sognata dai ragazzi degli anni '90 sta deludendo per la mancanza di esperienze vere e proprie.
Le aziende che hanno scelto di portare la realtà virtuale al CES di Las Vegas lo fanno mostrando dei sensori proprietari – è il caso, per esempio, di Lenovo, Osterhout Design Group e Intel, che però ha utilizzato un Oculus Rift per le demo degli ultimi giorni – oppure proponendo applicazioni o esperienze dedicate ai visori già in commercio. Il problema è che da un lato i dispositivi presentati non propongono un costo molto più basso di quelli attualmente sul mercato – alcuni arrivano persino a 1.500 dollari – e dall'altro le esperienze sono entusiasmanti solo sulla carta. Questo perché, al netto della profondità e complessità delle stesse, falliscono nella prova della realtà: difficilmente i consumatori intesi come publico mainstream avranno la possibilità di riprodurle all'interno delle proprie case.
Quest'ultimo è un elemento fondamentale: non ha senso mostrare esperienze incredibili se poi queste non sono riproducibili dalla massa e, quindi, monetizzabili a dovere rendendo il tutto sostenibile economicamente. Quella mostrata al CES, invece, sembra solo tecnologia sviluppata per far estasiare chi di tecnologia già se ne intende. In questo le tempistiche sottolineano la situazione precaria in cui si trova il neonato settore: ad un anno di distanza dal lancio delle prime versioni, quasi tutti i dispositivi sarebbero nel pieno della loro evoluzione e proporrebbero prestazioni aumentate, schermi migliori e funzioni sempre più efficienti e variegate. La VR, invece, continua a brontolare nel suo brodo primordiale. È un po' come se un'azienda additata come il prossimo grande successo non riuscisse a generare ricavi al suo secondo anno di vita. Una realtà in esplosione deve almeno raddoppiare, altrimenti c'è un problema.
Le ultime giornate di CES hanno mostrato questo: tanta voglia di fare dal punto di vista di esperienze di alto profilo, ma troppi pochi contenuti sotto l'aspetto delle soluzioni destinate al pubblico mainstream. Cioè quello che, alla fine, decreta il successo o meno di una tecnologia. La realtà virtuale deve riuscire a diventare il nuovo iPhone, o almeno questo è quello che ci è sempre stato fatto credere: non una nicchia ma un device che dovrebbe stare nelle nostre case al pari di un televisore. Non un dispositivo per soli videogiochi, ma una piattaforma per esperienze di tutti i tipi. Ma se non ci sono contenuti, cosa dovremmo vederci dentro?
Il problema in questo potrebbe essere costituito proprio dalle straordinarie demo che le aziende produttrici, anche e sopratutto all'interno di fiere come il CES, continuano a mostrare al pubblico. Esperienze, appunto, fuori scala che mai potranno arrivare nelle nostre case, almeno non nel breve periodo. Ma allo stesso tempo i consumatori si aspettano ormai rivoluzioni che poi faticano a realizzarsi attraverso le soluzioni disponibili sul mercato. Vuoi per gli hardware attualmente in commercio o per la scarsità delle esperienze a disposizione, oggi trovarsi uno dei visori in casa significa ritrovarsi dopo poco tempo a non avere più nulla da fare o restare semplicemente delusi dall'esperienza. Che, va detto, resta valida e comunque promettente se si ascoltano le promesse di Zuckerberg sui visori economici e che non richiedono un computer. Poi però arriva la fiera più importante del settore e della rivoluzione virtuale non c'è (quasi) traccia. Mancano l'energia, l'entusiasmo e le idee creative che dovrebbero caratterizzare questo stadio di sviluppo. Elementi che devono arrivare presto, perché il rischio delusione è dietro l'angolo.