Le ricerche di Google rappresentano da sempre un interessante fenomeno sociologico. Non l'atto della ricerca in sé, ma ciò che le molte richieste inviate ogni giorno in tutto il mondo vanno a creare all'interno del database di Google.
Una serie di dati che poi danno vita all'ormai famoso sistema di autocompletamento, da sempre al centro di scherzi e immagini satiriche. Eppure un pizzico di verità c'è, perché quelle frasi rappresentano le più cercate e, in teoria, devono aiutarci a completare più velocemente la ricerca.
La funzione diventa un vero e proprio studio sociologico quando all'interno del campo di ricerca vengono inserite frasi relative all'età di una persona, per esempio "Ho 11 anni". A questo punto dalle fredde pagine del motore di ricerca spuntano fuori paure, dilemmi, preoccupazioni, ossessioni e fissazioni degli umani legate alle varie epoche della nostra vita.
Una curiosità che ha ispirato anche Marius Budin per il suo video Life Through Google's Eyes, che analizza le varie età di una persona attraverso gli autocompletamenti di Google.
Facciamo qualche esempio. Scrivendo "Ho 11 anni" Google ci suggerisce "sono vergine", "sono innamorata" e "il mio ragazzo mi tocca", classiche preoccupazioni da adolescenza. A 22 anni cominciano i problemi più seri: "non ho mai lavorato", "perdo capelli" e "voglio un figlio".
Inserendo "Ho 33 anni" il motore di ricerca sottolinea l'ansia di chi non vede uno sbocco, soprattutto dal punto di vista lavorativo: "contributi", "non trovo lavoro", "quando vado in pensione?". A 44 anni si torna sul versante femminile: "sono sola", "sono incinta" e "non mi vengono le mestruazioni". Infine, scrivendo "Ho 55 anni" Google si divide tra "cerco lavoro" e "quando posso andare in pensione?".
L'utilizzo di questa funzione si rivela illuminante anche nel caso dello studio dei pregiudizi. Per capire di cosa stiamo parlando basta cominciare a scrivere "Le donne non dovrebbero" su Google, le risposte sono da medioevo: "ridere in pubblico", "essere educate", "lavorare", "leggere", "uscire", etc. "Gli uomini non dovrebbero", invece, non mostra risultati suggeriti.
Se scriviamo "Le donne devono" Google ci suggerisce "morire", "essere sottomesse" e "stare in cucina". Gli uomini, invece, devono "venire", "fare il primo passo" e "depilarsi".
Ma come lavora la funzionalità di autocompletamento di Google? L'azienda di Mountain View offre questa possibilità dal 2008, permettendo di ottenere più velocemente i risultati desiderati. Ogni singolo suggerimento deriva dalle ricerche effettuate dagli altri utenti: tutte le frasi descritte poco sopra sono frutto di richieste realmente inserite nella barra di ricerca.
Il motore dovrebbe rimuovere i suggerimenti legati all'odio e alla discriminazione, così come blocca automaticamente gli autocompletamenti di numeri di telefono e di elementi legati al porno. Eppure, spesso, alcune frasi riescono a superare il filtro di Google e ad apparire nelle ricerche. Restituendo un inaspettato spaccato sociologico della società moderna.