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La svolta dei giornali UK: il digitale prima di tutto, e l’Italia?

The Guardian e The Observer puntano tutto sul digitale. Dopo un 2010 che ha fatto registrare perdite pari a 33 milioni di sterline, investire sulla stampa cartacea sarebbe un suicidio. E la stampa italiana? Ha intenzione di suicidarsi o tenterà di vivere di soli contributi statali?
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A cura di Anna Coluccino
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Ricordo chiaramente che, giusto sei mesi or sono, Ferruccio De Bortoli -direttore editoriale del Corriere- aveva fatto pervenire una lettera ai suoi giornalisti. Nella lettera, De Bortoli li invitava a prendere una decisione di responsabilità in favore di una "rivoluzione digitale"; chiedeva l'abbandono dei privilegi, l'apertura ai giovani e -soprattutto- l'investimento di risorse ed energie nel campo delle nuove tecnologie. Chiedeva un cambiamento. Poi non se ne è più saputo nulla e nessun cambiamento visibile è stato implementato. Ora, al di là delle riflessioni sulla qualità delle stampa italiana, sul suo atavico asservimento ai partiti (di cui è spesso semplice megafono, il più delle volte distorto), sull'impenetrabilità della casta che per molti giovani ha significato anni e anni di lavoro non retribuito e, spesso, senza sbocco, possibile che neppure le innovazioni tecnologiche trovino spazio nel nostro piccolo paese? Possibile che le versioni online dei più importanti quotidiani italiani siano considerate -ancora oggi- di serie "B" rispetto alla versione cartacea (da cui tra l'altro si differenziano ben poco…)?

Queste riflessioni, già mature da diverso tempo nell'ambiente del web journalism, si fanno ancora più cogenti oggi.

A pochi giorni dallo storico annuncio del The Guardian Media Group (a cui fanno capo il Guardian e l'Observer) di voler puntare prevalentemente sul digitale, sembra che tutti si siano improvvisamente accorti che il futuro del giornalismo abita nel Web. Evidentemente, il sorpasso dell'Huffington Post ai danni del New York Times non aveva chiarito sufficientemente il punto, e neppure l'assegnazione di un premio Pulitzer al giornalismo online era bastato a convincere i "conservatori" che era arrivato il momento di cambiare. Ma sentire uno dei più importanti media group britannici pronunciare il motto "digital first" sembra aver svegliato il mondo del giornalismo da quello stato semi-ipnotico in cui sembra vivere da ormai diversi anni.

La strategia del The Guardian era evidente da tempo. Si tratta di uno dei giornali online più letti al mondo (con ben il 25% di utenti unici provenienti dagli USA) che lavora molto sulla qualità del prodotto offerto (gratuitamente) sul web. Eppure, nel 2010, ha registrato perdite per 33 milioni di sterline causate prevalentemente dai mancati introiti di pubblicità sulla versione cartacea, e ha compreso che è arrivato il momento di cambiare rotta e investire -principalmente- sul formato digitale. Questo, ovviamente, comporterà licenziamenti e riposizionamenti, ma l'alternativa sarebbe veder scomparire del tutto la testata nel giro di pochissimo tempo.

Nessuno potrebbe permettersi un'emorragia da 33 milioni l'anno rimanendo in piedi. Il mercato del quotidiano cartaceo va reinventato come approfondimento della versione online, non si può pensare di continuare a utilizzare il quotidiano online a mo' di vetrina per poi offrire i veri contenuti su carta. È un approccio fallimentare e senza alcuna speranza.

Certo, a nessuno piace l'idea che molti giornalisti si trovino a doversi reinventare un mestiere, ma non è il momento questo di fare del luddismo, di prendersela con la macchina e con chi l'ha inventata. Il lavoro non scompare, si trasforma, come tutto il resto. E se è vero che serviranno meno giornalisti, è anche vero che serviranno più programmatori, più grafici, più SEO specialist… Insomma, serviranno nuove figure professionali. Il giornalismo non morirà, anzi, sono più che certa che -con il tempo- gli utenti della rete si abitueranno a leggere online anche approfondimenti complessi e strutturati, esattamente come accade -ora- per i quotidiani cartacei.

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