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L’ex dirigente Facebook: “Il social guadagna dalla diffusione di fake news”

L’ex numero uno della task force di Facebook dedicata alla tutela dei processi democratici ha descritto la sua esperienza all’interno del gruppo, affermando che è lo stesso modello di business dell’azienda a impedirle di lottare efficacemente contro le bufale. Nel mirino dell’accusa ci sono in particolare gli strumenti per la diffusione degli annunci pubblicitari.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Era stata assunta da Facebook per dare lustro agli sforzi del social in fatto di lotta alle fake news, ma dopo sei mesi ha dovuto abbandonare l'incarico perché impossibilitata a portarlo a termine. Si tratta di Yael Eisenstat, consulente in ambito informatico che è stata brevemente ai vertici della task force di Facebook dedicata alla tutela dei processi democratici nei Paesi in cui opera il gruppo, e che – in un editoriale sul Washington Post – ha appena descritto la sua esperienza all'interno del social network.

Nel suo pezzo Eisenstat ha parlato della propria frustrazione nello scontrarsi con dirigenti che sembravano non avere intenzione di liberarsi delle fake news utilizzate come armi di propaganda politica – o per lo meno di non voler ascoltare le proposte della figura assunta appositamente per aiutarli in questo senso. Facebook – ha argomentato Eisenstat – può dirsi contrariata dal proliferare di fake news sulla sua piattaforma, ma d'altro canto il fenomeno non è incontrollabile: si tratta semplicemente di un effetto collaterale del modello di business attraverso il quale il gruppo ha scelto di operare.

Il meccanismo di diffusione

Il social network permette infatti agli inserzionisti di indirizzare i propri annunci a un pubblico catalogato in maniera estremamente precisa grazie ai Mi Piace che esso stesso dissemina sulla piattaforma (per avere una vaga idea di cosa Facebook sappia dei suoi utenti basta visitare la pagina relativa al proprio profilo pubblicitario). Il servizio è rivolto anche ai politici, che possono così indirizzare a porzioni molto specifiche di un potenziale elettorato versioni leggermente diverse dello stesso annuncio (magari un commento a un fatto politico o di cronaca) e pensate per fare presa su ciascuna tipologia di persona da raggiungere con gli annunci.

Da questo sistema guadagnano i politici e guadagna Facebook, che ha recentemente ribadito di non voler effettuare controlli di veridicità su questo tipo di contenuti dando ulteriore dimostrazione della pericolosità del corto circuito evidenziato da Eisenstat. In realtà il numero uno di Facebook ha recentemente dichiarato che gli introiti relativi agli annunci dei politici sono trascurabili, ma resta il fatto che gli strumenti di distribuzione dei contenuti pubblicitari del social si stanno dimostrando determinanti nella diffusione di fake news fabbricate ad arte per infiammare gli animi di elettorati suscettibili.

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