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Marco Scialdone, avvocato ed esperto di digital copyright, risponde all’Agcom

L’esperto di legge sul Computer Law, digital copyright e diritto societario risponde a proposito della delibera 668/2010 che l’Agcom ha deciso di imporre al paese a partire dal prossimo 6 Luglio, che censura di fatto i contenuti della rete, dando un parere giuridico sul problema sollevato in questi giorni. Ecco il parere giuridico di Marco Scialdone.
A cura di Vito Lopriore
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Marco Scialdone, avvocato che si occupa da anni di diritto digitale, risponde all'Agcom in materia giudiziaria e legislativa rispetto alla delibera che, a partire dal 6 Luglio prossimo, dovrebbe imporre forti restrizioni al web e alla condivisione dei contenuti UGC.  Lo scenario che contraddistinguerà il web italiano potrebbe essere questo: saranno cancellati o inibiti tutti i siti, i portali, blog, strumenti di condivisione di file in rete, banche dati, siti privati che siano sospettati di contenere anche un solo file in grado di  violare il diritto d’autore. L'avvocato Scialdone dal 2007 è professore di Digital Copyright all’Università Link Campus di Malta, insegnando anche Communications Management e diritto giuridico internazionale. Ha insegnato ICT Law presso l’università di Perugia e fondato CO.PI-DA. gruppo di ricerca sul copyright digitale all’Università “La Sapienza” di Roma, facoltà di Communications Management. Sul suo sito si possono trovare informazioni e pareri sulle controversie vicende, del tutto attuali, del tema del Computer Law 2.0.

La risposta di Marco Scialdone a Corrado Calabrò:

Ho letto con interesse la risposta dell'AGCOM circa le critiche avanzate da noi promotori dell'iniziativa sitononraggiungibile. Mi sia consentito replicare nel merito, sperando di apportare un positivo contributo alla discussione.

L'Autorità ritiene che sussista una propria generalizzata competenza in materia di diritto d'autore nelle reti di comunicazione elettronica sulla base di tre presupposti normativi: in ordine rigorosamente cronologico, l'articolo 182-bis della Legge sul diritto d'autore, gli articoli 14, 15, 16 e 17 del D.lgs 70/2003 e, infine, l'articolo 32-bis del d.lgs 177/2005 (introdotto dall'articolo 6 del D.lgs 44/2010, c.d. Decreto-Romani).

Invero, l'articolo 182-bis (una disposizione del lontano 18 agosto 2000) non fa minimamente cenno alle reti di comunicazione elettronica, basta scorrere il testo della disposizione per rendersene conto.

In essa i poteri di intervento dell'AGCOM risultano limitati (in condivisione con la SIAE) alle seguenti attività:

  • a) riproduzione e duplicazione con qualsiasi procedimento, su supporto audiovisivo, fonografico e qualsiasi altro supporto nonché su impianti di utilizzazione in pubblico, via etere e via cavo, nonché sull'attività di diffusione radiotelevisiva con qualsiasi mezzo effettuata;
  • b) proiezione in sale cinematografiche di opere e registrazioni tutelate dalla normativa sul diritto d'autore e sui diritti connessi al suo esercizio;
  • c) distribuzione, vendita, noleggio, emissione e utilizzazione in qualsiasi forma dei supporti di cui alla lettera a);
  • d) controllo sui centri di riproduzione pubblici o privati, i quali utilizzano nel proprio ambito o mettono a disposizione di terzi, anche gratuitamente, apparecchi per fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione.
  • d-bis) fabbricazione, importazione e distribuzione degli apparecchi e dei supporti di cui all'art. 71-septies L.d.a.
  • d-ter) controllo sulle case d'asta, le gallerie e in genere qualsiasi soggetto che eserciti professionalmente il commercio di opere d'arte o manoscritti.

Orbene, l'art. 182-bis deve essere essere letto necessariamente in combinato disposto con il successivo art. 182-ter che chiarisce quale siano le conseguenze che l'ordinamento ricollega alle attività poste in essere da AGCOM in materia di diritto d'autore. Su questo la norma lascia pochi dubbi: in caso di accertamento di violazione di norme di legge, va compilato processo verbale da trasmettere immediatamente agli organi di polizia giudiziaria.

Dunque, l'AGCOM controlla, ma ad agire deve essere l'autorità giudiziaria.

Passiamo oltre. Si diceva che l'Agcom invoca altresì a fondamento della propria competenza il D.lgs 70/2003, con cui si è recepita nel nostro ordinamento la direttiva comunitaria sul commercio elettronico.

In particolare le disposizioni del decreto che si occupano della responsabilità dei provider (artt. 14, 15, 16 e 17) tutte dispongono, con formula identica, che l'Autorità giudiziaria o quella amministrativa, avente funzione di vigilanza, possa esigere, anche in via d'urgenza, che l'intermediario ponga fine alle violazioni commesse dai propri utenti tramite  i servizi offerti (accesso ad internet, caching, spazio web).

Ci troviamo di fronte, dunque, ad un dato normativo che necessità di etero integrazione per poter essere correttamente applicato: nel nostro caso AGCOM ritiene di essere quella “autorità amministrativa sopra citata” in forza del richiamato articolo 182 bis, che tuttavia, come si spera di aver chiarito, si riferisce ad altro.

Del resto, mi sia consentito, stiamo parlando di disposizioni di legge che risalgono rispettivamente al 2000 e al 2003: è davvero singolare che, in oltre sette anni, l'AGCOM non abbia mai ritenuto di avere una simile competenza, pur in presenza di un quadro normativo cristallino (ad assecondare la tesi opposta) riemergendo dal torpore negli ultimi mesi a seguito dell'approvazione del c.d. Decreto Romani.

E veniamo all'ultimo tassello, l'articolo 32-bis del D.lgs 177/2005.

Ancora una volta è la semplice lettura della norma che rende agevole comprendere per quale motivo la pretesa di una competenza generalizzata dell'Agcom in materia di diritto d'autore sia infondata.

Per brevità si riportano soltanto i commi 2 e 3 che in questa sede maggiormente interessano: “2. I fornitori di servizi di media audiovisivi operano nel rispetto dei diritti d'autore e dei diritti connessi, ed in particolare:  a) trasmettono le opere cinematografiche nel rispetto dei termini temporali e delle condizioni concordate con i titolari dei diritti; b) si astengono  dal  trasmettere  o  ri-trasmettere,  o  mettere comunque a disposizione degli  utenti,  su  qualsiasi  piattaforma  equalunque sia la tipologia di servizio offerto, programmi oggetto  di diritti di  proprieta'  intellettuale  di  terzi,  o  parti  di  tali programmi, senza il consenso di titolari  dei  diritti,  e  salve  le disposizioni in materia di brevi estratti di cronaca. 3. L'Autorita' emana le disposizioni regolamentari  necessarie  per rendere effettiva  l'osservanza  dei  limiti  e  divieti  di  cui  al presente articolo”.

La norma sì attribuisce all'Agcom un poter regolamentare (ed ecco perchè l'Agcom si è mossa a seguito della sua approvazione) ma si premura di confinarlo in un ambito soggettivo ben preciso: non qualunque realtà presente in Rete, ma solo e soltanto i fornitori di servizi media audiovisivi, che, per i non addetti ai lavori, sono coloro che organizzano un palinsesto e ne hanno la responsabilità editoriale, non i siti privati, non i siti amatoriali, non le comunità di condivisione di UGC.

In buona sostanza, un universo estremamente limitato e ben definito.

Concludendo, viene da chiedersi per quale motivo l'Autorità, anziché attenersi strettamente al compito demandatole dal legislatore con l'articolo 32 bis da ultimo citato, abbia deciso di intraprendere un'operazione di equilibrismo giuridico che nessuno le ha chiesto (?).

Perchè noi vogliamo continuare a pensare che un'Autorità Indipendente non si faccia dettare l'agenda da terzi, più o meno noti.

Marco Scialdone
Avvocato e Docente di Digital Copyright presso la Link Campus University

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